ECONOMIA, manovra di bilancio. Quaranta miliardi in buona parte in deficit, ma ne servirebbero cento, reperibili solo l’aiuto dell’Europa. Permangono però i rischi di sprechi

Dal momento della recrudescenza della crisi sanitaria il Governo ha emanato dapprima diversi decreti economici, poi quelli cosiddetti «ristoro». Le risorse stanziate a copertura delle spese disposte con questi e altri provvedimenti ammontano a 150 miliardi di euro. L’argomento è stato trattato dal professor Mario Baldassarri e dal giornalista Claudio Landi lunedì scorso a Radio Radicale, dove si è parlato anche della prossima Legge di Bilancio alla luce del mutato (in peggio) quadro della situazione

Per il 2020 l’esecutivo indica in 100 miliardi l’incremento del deficit pubblico, mentre alla fine del mese di dicembre del medesimo anno la Banca d’Italia rende noto che lo Stato italiano risulterà indebitato per complessivi 2.600 miliardi di euro, gigantesca cifra che rapportata al prodotto interno lordo del Paese è pari al 160 per cento.

Ai citati 100 miliardi di deficit vanno poi sommati i 25 miliardi stanziati con Finanziaria del 2019, al quale si aggiungerà l’ulteriore scostamento di bilancio che dovrà venire deciso nelle Legge di Bilancio per il 2021, della quale si attende la discussione in Parlamento, che secondo i propositi dell’esecutivo in carica dovrebbe ammontare ad altri 25 miliardi.

Quanto di tali risorse sia finora stato effettivamente utilizzato non è ancora perfettamente noto, si vocifera che ne siano stati spesi la metà, ma di questo non si ha certezza, sicuramente il Governo dovrà renderne edotto il Paese riferendo in Parlamento.

Muta il quadro della situazione. All’inizio di ottobre il Governo ha presentato la Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza (NaDef), nella quale annunciava una manovra di bilancio di 40 miliardi di euro, dei quali 25 di maggiore debito pubblico.

Il medesimo esecutivo in carica ha poi presentato un documento programmatico di bilancio, che è stato inviato alla Commissione europea alla metà dello scorso mese di ottobre, nel quale la manovra risultava ridotta a trenta miliardi, comunque sempre inclusiva dei 25 miliardi di maggiore deficit.

Ma in seguito il Paese è precipitato nuovamente nell’incubo del coronavirus, con la seconda fase della pandemia che ha cambiato tutte le carte in tavola, imponendo una radicale revisione delle prospettive di natura economica elaborate in precedenza a Palazzo Chigi e a Via XX Settembre.

Esse, infatti, si basavano su una previsione di discesa del prodotto interno lordo (Pil) del 9% nel 2020, seguita però da una ripresa tendenziale del 5,3% nel 2021, destinata a crescere al 6% grazie alla propulsione fornita dalla Legge di bilancio alla crescita dell’economia.

Non andrà così, purtroppo, poiché quest’anno la flessione in termini di Pil sarà con ogni probabilità pari all’11%, mentre l’anno venturo invece del +6% si dovrebbe registrare al massimo soltanto l’1,5%, dunque una prospettiva di crescita enormemente minore rispetto a quella auspicata.

Una manovra da 100 miliardi. «Alla luce di tutto ciò occorrerebbe una manovra di 100 miliardi», ha affermato il professor Mario Baldassarri, già viceministro dell’Economia e attualmente presidente del Centro studi economia reale (CSER), che lunedì scorso è come sempre intervenuto alla trasmissione “Capire per conoscere”, condotta dal giornalista Claudio Landi su Radio Radicale. 

Si tratterebbe di un intervento assai più vigoroso che tuttavia si renderebbe possibile solo attraverso un massiccio ricorso ai finanziamenti europei, «25 miliardi – ha illustrato Baldassarri – da reperire direttamente sul mercato attraverso l’emissione di titoli di Stato italiani, come in precedenza annunciato dal Governo, 37 miliardi dal Mes, 27 dal fondo europeo per la disoccupazione e tutto il resto sperando che parta il Recovery Fund»

In questo particolare quadro critico, egli ha anche rilevato l’opportunità di un intervento nel senso del rafforzamento di questa manovra di bilancio mediante un incremento nel volume e nella durata dell’acquisto di titoli di Stato, suggerendo inoltre alla Commissione europea un’anticipazione ai primi mesi del 2021 dei fondi del Recovery Fund.

Ma la manovra di bilancio del Governo Conte 2 è però rimasta ferma ai 38 miliardi del periodo pre-recrudescenza del Covid, «che nella sua realtà – sottolinea critico l’economista del CSER – non è altro che una proroga del complesso dei provvedimenti assunti nel corso di quest’anno con in più una “spolverata” di incentivi, come quello finalizzato all’assunzione delle donne, che tuttavia giunge in un momento nel quale le imprese stanno per chiudere a causa della riduzione dei loro fatturati».

Le condizionalità e i progetti. Semmai, ha aggiunto Baldassarri, il problema immediato è quello del sostegno alla domanda di famiglie e imprese, «con il buco nero degli indennizzi alle Pmi che rimane aperto».

Al quesito postogli da Landi, relativo a un eventuale schema di una manovra da 100 miliardi, Baldassarri ha risposto che: «È evidente che bisognerà concentrare le risorse sugli indennizzi “veri” e “seri” per il mancato fatturato delle imprese, dopodiché occorrerà varare un piano per la Sanità, uno per i trasporti pubblici locali e uno per la scuola, anche nei termini dell’adeguamento delle strutture, a partire da quelle non a norma, poi, naturalmente, in un piano di investimenti pubblici finalizzato alla realizzazione di infrastrutture materiali e immateriali».

Tuttavia, il problema non è semplicemente quello dell’indicazione dei capitoli della spesa pubblica, ma è soprattutto quello del possesso di un quadro di idee chiaro sul da farsi che si traduca in progetti precisi.

«I fondi europei verranno infatti resi disponibili solo a condizione che i Governi presentino piani e progetti di riforme e di investimenti, ma in Italia siamo però fermi alla lista della spesa delle centinaia di titoli di progetti raccolti dai cassetti pieni di ragnatele dei vari ministeri. Ci si dovrebbe invece concentrare su un numero notevolmente minore di progetti, di rilievo però, e stabilire metodi e tempi certi per la loro realizzazione, cioè avere la capacità di spendere presto e bene».

Tuttavia, al riguardo Baldassarri si dice pessimista, poiché «se si guarda ai fondi strutturali europei, l’esperienza degli ultimi dieci anni insegna che sono stati spesi poco e male».

Decisori politici e rischi di spese sbagliate. Come indurre, dunque, i potenziali centri di spesa ad allocare razionalmente le risorse eventualmente disponibili evitando sprechi? Come impedire che vengano commessi nuovamente gli errori del passato?

«Ricorrendo a una vera politica economica attraverso un grande piano industriale di governo, attivando l’Amministrazione pubblica affinché si conseguano gli obiettivi prefissati. Le capacità progettuali il Paese le ha, il problema è che le Amministrazioni sono state svuotate di tali capacità, si pensi ad esempio agli Uffici tecnici presso i Comuni. È una scelta politica quella se completare o meno una infrastruttura materiale come un tratto di ferrovia ad alta velocità, lo stesso dicasi per le infrastrutture immateriali come la banda larga il 5G, dove occorre prendere una decisione di natura politica».

«I progetti ci sono – ha concluso Baldassarri -, occorre ora riprenderli e affidarli a strutture tecnicamente in grado di portarli a compimento, presentare quindi tutto al Comitato interministeriale per la programmazione economica, che è l’organo che delibera i progetti e assegna le risorse e, a quel punto, avviare concretamente lo sviluppo dei progetti».

Di seguito è possibile ascoltare la registrazione audio integrale della trasmissione andata in onda il giorno 16 novembre 2020.

A278 – ECONOMIA, RECRUDESCENZA DELLA PANDEMIA E CONTI PUBBLICI: VA RIVISTA LA LEGGE DI BILANCIO, MA ATTENZIONE A COME SPENDERE! Dalla seconda fase della crisi sanitaria il Governo ha emanato dapprima diversi decreti economici, poi quelli cosiddetti «ristoro».

Le risorse stanziate a copertura delle spese disposte attraverso questi e altri provvedimenti ammontano a 150 miliardi di euro, ma ora la manovra dovrebbe raggiungere i 100 miliardi, soldi che è possibile reperire soltanto con l’aiuto dell’Unione europea.
Si tratterebbe di un intervento assai più vigoroso che tuttavia si renderebbe possibile solo attraverso un massiccio ricorso ai finanziamenti europei, «25 miliardi – ha illustrato Baldassarri – da reperire direttamente sul mercato attraverso l’emissione di titoli di Stato italiani, come in precedenza annunciato dal Governo, 37 miliardi dal Mes, 27 dal fondo europeo per la disoccupazione e tutto il resto sperando che parta il Recovery Fund»
In questo particolare quadro critico, egli ha anche rilevato l’opportunità di un intervento nel senso del rafforzamento di questa manovra di bilancio mediante un incremento nel volume e nella durata dell’acquisto di titoli di Stato, suggerendo inoltre alla Commissione europea un’anticipazione ai primi mesi del 2021 dei fondi del Recovery Fund.
L’argomento è stato trattato nel corso della trasmissione “Capire per conoscere”, andata in onda su Radio Radicale il 16 novembre 2020, dal professor MARIO BALDASSARRI (economista, già ministro della Repubblica e attualmente presidente del Centro studi economia reale) e dal giornalista CLAUDIO LANDI, che hanno affrontato anche il tema relativo alla prossima Legge di Bilancio, da rivedere radicalmente alla luce del mutato (in peggio) quadro della situazione sanitaria ed economica in Italia.
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