MOZAMBICO, economia. Ideato un fondo sovrano per mettere a frutto i proventi del gas naturale

Le contraddizioni di un Paese che necessita dell’indispensabile aiuto estero, ma che dispone di enormi risorse minerarie e agricole, il cui sfruttamento, però, viene pericolosamente messo in discussione dell’instabilità indotta dall’insurrezione islamista al Nord, dove ci sono i giacimenti marini di gas naturale

Il governo del Paese africano ha reso nota la sua proposta di modello di fondo sovrano concepito allo scopo di mettere a frutto gli introiti derivanti dalla nascente industria del gas nel paese.

Stime correnti attestano la rendita da sfruttamento del gas dei giacimenti presenti nel nord fino a 96 miliardi di dollari, sei volte di più della dimensione dell’attuale prodotto interno lordo mozambicano.

La banca centrale di Maputo ha stabilito i piani per il funzionamento del fondo e quelli relativi alle istituzioni di riferimento, la proposta prevede che i proventi miliardari si accumuleranno nel corso dell’intera durata dei progetti.

È nelle aspettative che il fondo –  gestito dal ministero dell’economia e delle finanze di concerto con la banca centrale – accumuli i risparmi e contribuisca alla stabilità fiscale quando i prezzi delle materie prime energetiche fluttueranno sui mercati.

Una società indipendente dovrebbe poi controllare i conti del fondo annualmente, mentre la banca centrale dovrà fornire aggiornamenti trimestrali. Durante i primi vent’anni di produzione di gas naturale liquido, metà delle entrate dello stato dovrebbero venire conferite al fondo e il resto al bilancio del governo, successivamente l’80% dovrebbe andare al fondo.

Un paese povero ma ricco di risorse. Il Mozambico dipende sensibilmente dagli aiuti esterni e dagli investimenti esteri per il proprio sviluppo, in questo senso i suoi partner di maggiore rilievo sono Unione europea, Usa, Giappone, Cina, India, Sud Africa, Brasile e Australia.

Maputo tende inoltre a riferirsi alla solidarietà africana nei consessi continentali (Unione africana) e regionali (Southern African Development Community), dal 1995 ha aderito al Commonwealth e alla Comunità dei Paesi di lingua portoghese (Palop), mantenendo relazioni anche con i Paesi islamici (ha aderito all’Organizzazione della Conferenza Islamica in quanto il 30% della popolazione è musulmana).

Le relazioni con il continente europeo si sono ulteriormente rafforzate con l’entrata in vigore il  4 febbraio del 2018 dell’Accordo di Partenariato economico (APE), stipulato dall’Unione europea e la Comunità di Sviluppo dell’Africa Meridionale (SADC).

Esso, siglato nel giugno del 2016, è finalizzato a favorire l’integrazione economica, il commercio e lo sviluppo sostenibile tra l’Ue e gli altri Paesi firmatari, oltre a Mozambico, Sud Africa, Namibia, Swaziland, Lesotho e Botswana. Nel quadro dell’intesa, Maputo viene esonerata dal pagamento dei  dazi doganali sulle proprie esportazioni verso l’Europa, impegnandosi in parallelo a ridurre o eliminare gradualmente i dazi applicati a numerosi prodotti che dall’Europa importa.

A livello bilaterale l’Italia è un partner privilegiato del Mozambico, sia per i legami storici di cooperazione e amicizia con il Paese, sia per le prospettive di sviluppo legate alla scoperta di enormi giacimenti di gas nel nord del Paese da parte di Eni East Africa. Permangono comunque gli stretti legami con il Portogallo e il Sudafrica, inoltre sono di rilievo gli investimenti effettuati nel Paese africano da Emirati Arabi Uniti, Usa e Cina, in particolare nel settore minerario e dei trasporti ferroviari.

La Cina sta inoltre diventando un Paese creditore sempre più importante per l’economia mozambicana.

Instabilità nel nord ricco di gas. Il Mozambico, uno tra i paesi più promettenti del continente africano nel settore energetico, vede anche la presenza dell’Eni, che dal 2006 opera nel settore dell’esplorazione e della produzione.

Tuttavia, negli ultimi tre anni, in particolare nella provincia settentrionale di Cabo Delgado (estremo settentrione mozambicano al confine con la Tanzania, 2.700 chilometri a nord della capitale Maputo), si registra una crescente situazione di instabilità causata dall’insurrezione armata islamista.

Tutto ha avuto inizio nell’ottobre del 2017, quando gli insorti hanno occupato la città di Mocímboa da Praia per quarantotto ore sopraffacendo la polizia, fuggendo nella boscaglia soltanto all’arrivo del forze di sicurezza inviate in rinforzo dal governo di Maputo.

Da allora l’insurrezione è diventata una guerriglia a tutti gli effetti, con iniziali attacchi compiuti di notte contro i piccoli villaggi, seguiti alcuni mesi dopo da veri e propri assalti diurni.

L’escalation è proseguita poi nel corso del 2019, quando le formazioni armate islamiste hanno attaccato le città di minori dimensioni, gli avamposti dell’esercito mozambicano e le vie di comunicazione.

All’inizio del 2020, le milizie ribelli invasero le capitali distrettuali, passando a una chiara azione di propaganda di matrice jihadista che esplicava il loro articolato programma politico-militare.

Le corporation tagliano gli investimenti. Le conseguenze derivanti dall’instabilità indotta dalla guerriglia jihadista si sono poi andate a sommare con quelle, devastanti sul piano umano ed economico, della pandemia di Covid-19, un deleterio combinato composto che ha indotto giganti del settore dell’Oil & Gas della caratura di ExxonMobil alla decisione di tagliare i propri investimenti previsti per il 2020 nella provincia di Cabo Delgado.

Questo nonostante il presidente mozambicano Filipe Nyusi abbia provveduta a dislocare ulteriori unità dell’esercito nella zona. Gli attacchi jihadisti non sono infatti cessati, al contrario, colpendo proprio nei distretti interessati dalle attività delle compagnie energetiche straniere, come è avvenuto in aprile nel distretto di Muidumbe, 170 chilometri a sud di Palma, dove operano la stessa ExxonMobil e l’italiana Eni.

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