MEDITERRANEO. L’escalation «controllata» sfuggirà di mano a Erdoğan?

Seppure apparentemente sempre più isolata, in realtà, con la sua «politica delle cannoniere» la Turchia si sarebbe invece rafforzata nei confronti dei suoi avversari. Ad Ankara sono dunque pronti a porre ulteriori condizioni all’Unione europea, tuttavia sono anche consapevoli che questa fase favorevole sul piano internazionale non durerà molto oltre le elezioni presidenziali negli Usa, una “finestra di opportunità” che dovranno sfruttare al meglio. A insidertrend.it l’opinione dell’analista di strategia EMMANUEL DUPUY, presidente de l’Institut Prospective et Sécurité en Europe di Parigi.

Dove vuole davvero arrivare Erdoğan con il suo interventismo militare nella regione del Medio Oriente e del Nord Africa?

Si tratta di avventurismo di matrice neo-ottomana oppure – in parte anche costretto dalla situazione economica e politica interne al proprio Paese – il “presidente-padrone” della Turchia sta seguendo le linee-guida di un lucido progetto, sviluppato facendo indefettibile ricorso alla “politica delle cannoniere”, che lo porterà alla forzatura dei suoi interlocutori verso un negoziato obbligato nei termini che gli risulteranno più favorevoli?

Erdoğan: avventurismo o lucida preordinazione? Nella seconda ipotesi – quella che l’analista francese di strategia Emmanuel Dupuy –ritiene maggiormente plausibile -, si ripeterebbero quindi, mutatis mutandis, le condizioni che nel recente passato costrinsero l’Europa a versare nelle casse di Ankara svariati miliardi di euro a fronte del blocco del flusso di profughi e migranti, in massima parte siriani, che, indirizzatisi sulla rotta balcanica, premevano sulla frontiera turca con la Grecia.

Ebbene, anche oggi il gruppo di islamisti dell’AKP al governo ad Ankara, stretto attorno al loro leader, ripropone politiche muscolari del genere, ma con una pericolosa variante aggiuntiva, quella che le escalation, per quanto possano venire «controllate», presentano sempre dei margini di rischio. Un rischio che, nel caso di specie, visti i protagonisti del confronto non può che fare rabbrividire.

Le dinamiche degli ultimi giorni sono note, nel Mediterraneo orientale si è registrato un sensibile incremento del livello di tensione e si è giunti persino a uno scontro navale, seppure di dimensioni limitate, tra le fregate delle marine militari di Turchia e Grecia.

Lo scrigno energetico del Mediterraneo orientale. Dalle acque del Mare Egeo riemergono le vecchie e mai risolte dispute territoriali tra Ankara e Atene sulle isole, controversie – che si aggiungono a quelle su Cipro, la minoranza turca in Tracia e altre minori – rese vieppiù incandescenti dalla rivendicazione del controllo e lo sfruttamento di porzioni dei vasti giacimenti di gas naturale scoperti a partire dal 2009, riserve stimate in 3.500 miliardi di metri cubi.

Materie prime energetiche (là sotto c’è anche il petrolio) che ovviamente hanno attratto alcune delle maggiori compagnie del settore Oil & Gas, tra le quali la francese Total, l’italiana Eni e la statunitense Exxon Mobil.

Ankara forza dunque la mano e rivendica i suoi diritti sull’area pretendendo di riconsiderare gli accordi internazionali formalmente vigenti mediante una loro revisione.

In particolare, i turchi contestano la base di calcolo della piattaforma continentale prospiciente le isole greche a ridosso della costa anatolica, poiché l’attuale raggio di estensione delle loro acque territoriali risulta oltremodo ridotto, con il conseguente isolamento della Turchia da parte degli altri Paesi rivieraschi entro le anguste dodici miglia delle sue acque territoriali.

Per altro, Ankara era rimasta esclusa (assieme al Libano) dal Forum del Mediterraneo orientale sul gas che ha avuto luogo al Cairo il 16 gennaio scorso, al quale avevano preso invece parte tutti i suoi avversari nello sfruttamento delle risorse energetiche locali, cioè Egitto, ANP, Israele, Giordania, Cipro, Grecia e Italia.

«Escalation controllata». Ed ecco quindi il riacutizzarsi della tensione, con l’invio lo scorso 21 luglio della nave per ricerche sismiche Oruc Reis nelle acque prospicenti l’isola di Kastellorizo, battello attrezzato per la prospezione di idrocarburi che veniva scortata da alcune navi militari turche.

La formazione ha incrociato nelle acque a sud della costa di Antalya, a poca distanza dall’isola di Cipro a oriente e da Creta a occidente, questo mentre più di una decina di velivoli da combattimento turchi (pilotati e non) sorvolavano un’area adiacente a quella dell’isola di Rodi. Quindi, nelle ore successive si è giunti a un vero e proprio scontro tra le marine militari dei due Paesi alleati nella NATO ma nemici storici.

Nel frattempo, l’Oruc Reis ha adagiato i cavi sul fondale marino allo scopo di scandagliare la vasta area dell’Egeo contesa ai greci. Contestualmente, da Ankara il governo turco ribadiva la propria posizione annunciando che avrebbe rilasciato nuove concessioni per le prospezioni di giacimenti di idrocarburi nelle acque prossime ai suoi confini occidentali, cioè in quella che i turchi considerano la propria piattaforma continentale.

Atene ha ricevuto l’immediato sostegno francese, che ha rinforzato il suo dispositivo aeronavale nel Mediterraneo orientale (inclusi i jet fighter “Rafale”), facendo effettuare alle proprie unità esercitazioni congiunte con la marina militare ellenica nelle aree contese.

Al riguardo va anche rilevato che Atene ha stipulato con Parigi un accordo che ha dato formalmente avvio alle negoziazioni per l’acquisto di due fregate classe Belharra, unità che costituiscono la variante destinata all’esportazione di quelle sviluppate per la Marine Nationale da Naval Group, Frégates de Défense et d’Intervention (FDI).

Il timing serrato dell’azzardo turco. In conclusione: quella di Erdoğan va considerata una politica avventuristica oppure questo “tirare la corda” rischiando che si spezzi risponde a una lucida preordinazione?

I risultati ottenuti nel breve periodo da Ankara parrebbero attribuire un margine di successo al presidente turco. Infatti, seppure apparentemente sempre più isolata, in realtà con la sua «politica delle cannoniere» la Turchia si sarebbe invece rafforzata nei confronti dei suoi avversari.

Erdoğan avrebbe informato la sua condotta al principio di un necessario futuro ricorso a trattative sulle controversie aperte in una fase storica che vede gli Usa disimpegnati da questo specifico teatro internazionale.

Ad Ankara sarebbero dunque pronti a porre ulteriori condizioni all’Unione europea, ma con nella consapevolezza che questa fase favorevole sul piano internazionale non durerà molto oltre le elezioni presidenziali negli Usa, una “finestra di opportunità” che dunque dovranno sfruttare al meglio.

A258 – MEDITERRANEO ORIENTALE, TENSIONI TRA TURCHIA, GRECIA E FRANCIA: L’ESCALATION «CONTROLLATA» SFUGGIRÀ DI MANO A ERDOĞAN? Seppure apparentemente sempre più isolata, in realtà, con la sua «politica delle cannoniere» la Turchia si sarebbe invece rafforzata nei confronti dei suoi avversari.

Ad Ankara sono dunque pronti a porre ulteriori condizioni all’Unione europea, tuttavia sono anche consapevoli che questa fase favorevole sul piano internazionale non durerà molto oltre le elezioni presidenziali negli Usa, una “finestra di opportunità” che dovranno sfruttare al meglio. A insidertrend.it l’opinione dell’analista di strategia EMMANUEL DUPUY, presidente de l’Institut Prospective et Sécurité en Europe di Parigi.

Nel corso della lunga intervista Dupuy ha avuto l’opportunità di affrontare alcune altre tematiche strettamente legate a quelle relative alla crisi in atto nel Mediterraneo orientale, quali la situazione in Medio Oriente alla luce del recentissimo accordo di pace tra Israele ed Emirati Arabi Uniti, la situazione in Libano e i referenti locali di Parigi, la coesione della NATO e la risposta dell’Unione europea a crisi del genere. (16 agosto 2020)

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