EUROPA, vertice di Bruxelles. Scontro su ammontare dei sussidi a fondo perduto e sulle condizionalità relative ai diritti civili

Al Consiglio europeo in corso da venerdì si tratta ancora, ma tra le difficoltà e le dure contrapposizioni: l’Olanda respinge la proposta Michel di un tetto a 400 miliardi e provoca la reazione di Francia e Italia, poi si scontra con Orbán. Conte dovrà ricorrere “ob torto collo” al MES?

Dopo il mancato raggiungimento di un accordo di ieri le trattative proseguono tra le difficoltà, con gli olandesi capofila degli intransigenti.

Ieri. La giornata appena trascorsa si è caratterizzata per gli umori altalenanti, infatti si è passati da un momento di ottimismo riguardo al possibile conseguimento di un risultato all’incertezza e al pessimismo sulle prospettive del vertice registrato in seguito all’impasse nelle trattative.

L’ottimismo si era ingenerato in mattinata a seguito della presentazione da parte del belga Charles Michel, presidente del Consiglio europeo, di una bozza definita «di compromesso» relativa ai programmi europei e anche alla governance, cioè in cosa dovrebbero consistere i piani di riforma che dovrebbero varare i governi dei vari Paesi membri che eventualmente beneficeranno dei finanziamenti derivanti dal Recovery Fund e degli altri aiuti stabiliti in ambito comunitario.

Tutto era poi stato oscurato quando si sono rialimentate le tensioni, dopo che il gruppo dei «Paesi frugali» – con capofila oltranzista l’Olanda e formato da Austria, Danimarca e Svezia, ma al quale si era poi aggiunta anche la Finlandia – hanno richiesto ulteriori tagli al bilancio comunitario, ponendo un particolare accento proprio ai sussidi che dovrebbero essere previsti nel Recovery Fund.

Essi vorrebbero cha la soglia massima si ponesse al di sotto dei 400 miliardi di euro, mentre nella bozza iniziale si parlava di 100 miliardi in più, una cifra quindi ricondotta nella bozza di compromesso di Michel a 450  miliardi, fase della trattativa che ha conosciuto una sospensione per la cena.

Ma non sono soltanto i soldi a costituire l’elemento della controversia, poiché vi è anche la possibilità (in realtà si tratterebbe di un aspetto inderogabile…) di applicare forme di condizionalità nell’erogazione degli aiuti al rispetto dello stato di diritto da Parte dei Paesi beneficiari, con Polonia e Ungheria in evidente difficoltà, però in condizione di porre sostanziali veti al raggiungimento di un accordo complessivo.

Nel dopo cena si era avuto un colloquio tra il presidente del Consiglio europeo e la cancelliera tedesca Angela Merkel, il presidente della Repubblica francese Emanuel Macron e il gruppo dei «frugali». E qui lo scontro è divenuto ancora più duro, al punto che l’inquilino dell’Eliseo, contrariato dalla piega che aveva assunto la trattativa sull’ammontare del Recovery Fund, ha abbandonato il tavolo.

Oggi. Questa mattina l’instancabile Michel ha ripreso la sua serie di contatti, tra i quali quelli con il presidente del consiglio dei ministri italiano Giuseppe Conte, quello francese Macron e quello spagnolo Pedro Sánchez, oltreché con i rappresentanti dei Paesi frugali e con quelli del Gruppo di Visegrád.

Da quel momento si è in attesa di una nuova bozza di compromesso che rimoduli nuovamente l’ammontare degli aiuti, che con ogni probabilità dovrà aggirarsi intorno ai 400 miliardi di euro, con quella dei prestiti che permarrebbe integra, cioè 350 miliardi che i beneficiari si impegneranno a rimborsare a seconda della rispettiva quota richiesta, questi ultimi, infatti, non costituiscono oggetto di controversia proprio perché non si tratta di debito comune in senso stretto.

Al di sotto di questo limite – appunto, 400 miliardi di euro di prestiti da debito comune, sussidi a fondo perduto – Francia e Italia hanno posto una “linea rossa”, affermando chiaramente che non sono disposti a transigere ulteriormente.

Allo specifico riguardo il presidente Conte nella serata di ieri aveva espresso concetti molto duri, riferendosi ai Paesi frugali come dei «ricattatori dell’Europa», spingendosi addirittura a evocare un fantasma ricorrente in questi ultimi mesi, quello della «fine del progetto Unione europea in caso di un mancato accordo».

In effetti, egli non sbaglia del tutto, poiché la sue veementi dichiarazioni a uso delle telecamere sottendono una realtà che, tuttavia, trova d’accordo, seppure a voce più bassa, anche numerosi altri rappresentanti di Paesi membri che partecipano al vertice di Bruxelles.

Insomma, a Bruxelles si tira la corda il più possibile dalla propria parte cercando di spezzarla, si “gioca” sulla possibilità di un disastroso mancato accordo per spuntarla il meglio possibile.

Da una parte “tirano” la maggioranza dei Paesi membri, dall’altra i «frugali». Alle ore dodici la prevista riunione plenaria dei capi di Stato e di Governo non ha avuto luogo perché, evidentemente, le trattative (bilaterali e con formati diversi) che nel frattempo proseguivano, auspice Michel, la hanno temporaneamente impedita.

Michel artefice anche del cosiddetto «freno di emergenza», cioè di quella potenziale parziale soluzione alla controversia su governance, condizionalità e veto poste al Recovery Fund.

Domani. I francesi non vogliono che si scenda al di sotto dei 400 miliardi di euro di finanziamenti a fondo perduto, gli olandesi, capofila degli intransigenti, chiudono a qualsiasi ipotesi di deroga alle condizionalità sui diritti civili nei Paesi membri (e si attirano gli strali di Viktor Orbán), questo mentre gli altri Paesi sarebbero anche disposti a venire a patti con Budapest, ma è ancora un “muro contro muro”.

Inoltre, c’è da definire anche la questione del bilancio Ue 2021-2027, dove i «frugali» insistono per apportarvi dei tagli rispetto alla proposta di compromesso avanzata precedentemente da Charles Michel, 1.073 miliardi di euro in sette anni contro 1.050.

Il gioco ricomincia dunque dall’ennesima bozza di compromesso proposta dal presidente del Consiglio europeo, ma non è esclusa la ipotesi di un fallimento del vertice a causa del mancato accordo dei partecipanti.

In queste deprecabile evenienza, essi dovrebbero riunirsi nuovamente entro la fine del mese di luglio per riavviare i negoziati in un clima meno teso di quelle attuale, seppure le evidenti divergenze nel frattempo non evaporeranno di certo.

Allo studio sono anche nuove proposte di compromesso, mentre i tagli al bilancio verrebbero apportati non sui sussidi destinati agli Stati membri, bensì su quelli gestiti direttamente dalla Commissione europea e dalla Banca europea per gli investimenti, come quelli su sanità transfrontaliera e ricerca. Il vertice potrebbe dunque prolungarsi in serata.

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