LIBIA, conflitto e petrolio. Aguila Saleh in visita ufficiale in Italia, ma i pozzi di greggio permangono fermi

Alla ricerca di un accordo sulla distribuzione dei soldi del petrolio, soluzione propedeutica a un duraturo cessate il fuoco e alla riunificazione delle due banche centrali del Paese nordafricano. Il piano di pace elaborato dall’Egitto

Aguila Saleh, presidente della Camera dei rappresentanti di Tobruk – il parlamento della Libia eletto nel 2014 con un’affluenza del 18% -, è giunto oggi in visita ufficiale a Roma. In agenda gli incontri con il Presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte, col Presiedente della Camera dei Deputati Roberto Fico e con il ministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale Luigi Di Maio.

Egli, nei giorni scorsi Saleh aveva avviato un tour all’estero che lo aveva portato in Russia e a Ginevra. Ora è in Italia per un viaggio ufficiale la cui tempistica risulta essere di interessante in ragione della disputa in atto concernente la ripresa delle estrazioni di petrolio dai pozzi del Paese africano.

La National Oil Corporation (Noc), compagnia petrolifera libica avente la propria sede a Tripoli, venerdì scorso aveva annunciato la rimozione dello stato di «forza maggiore» dai terminali di esportazione del greggio, salvo poi, però, rivedere questa decisione a causa del blocco nuovamente imposto dall’autoproclamato Esercito nazionale libico (Lna) guidato dal generale Khalifa Haftar.

Saleh è un alleato del «feldmaresciallo», ma da questo personaggio, divenuto nel tempo oltremodo ingombrante, egli sta cercando di prendere le distanze allo scopo di permettere l’apertura di un canale di dialogo con la Cirenaica.

Sulla questione del petrolio da lui in molti si attendono una posizione più morbida rispetto a quella assunta da Haftar, una materia prima energetica che dovrà in ogni caso tornare a essere pompata e quindi immessa sul mercato, non fosse altro per evitare ulteriori danni alle infrastrutture estrattive.

L’accordo per riattivare l’industria petrolifera prevede l’apertura in Libia di un conto bancario bloccato per quattro mesi, in attesa del raggiungimento di un’intesa riguardo alla ridistribuzione dei proventi della commercializzazione degli idrocarburi e la riunificazione delle banche centrali.

Un passaggio ritenuto essenziale al raggiungimento di un cessate il fuoco duraturo nel Paese, che altrimenti sarebbe inesorabilmente destinato a fallire.

Saleh è anche latore della proposta di iniziativa politica elaborata in Egitto, i cui termini tuttavia non rappresentano una novità, poiché essa prevedrebbe la fine dell’esistenza del Governo di accordo nazionale (Gna) nella sue attuali forme, esecutivo “fantasma” che verrebbe sostituito da un nuovo consiglio presidenziale in forma ristretta, composto da tre personalità in rappresentanza delle tre regioni della Libia (Cirenaica, Fezzan e Tripolitania) e un governo «separato», retto dal presidente, ma con un primo ministro indipendente, questo in attesa dello svolgimento di nuove elezioni da indire in una fase successiva.

Va rilevato, però, come l’iniziativa assunta da Saleh (presidente del parlamento che si riunisce in Cirenaica) abbia vanificato il tentativo posto in essere dal generale Haftar di autoproclamarsi «rais» dell’intera Libia per acclamazione popolare.

Sulla riuscita del cosiddetto «piano Saleh» annunciato al Cairo insieme ad Haftar e ridenominato «Dichiarazione del Cairo», gravano tuttavia diversi dubbi e incognite, a cominciare dal rifiuto posto dalle autorità di Tripoli di affidare il potere a un nuovo governo provvisorio, poiché il Gna vorrebbe portare la Libia direttamente alle elezioni.

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