RUSSIA, strategia. Il confronto geopolitico e le minacce percepite da Mosca

«La guerra di spie si combatte sul campo di battaglia dell’informazione e delle operazioni psicologiche». La nuova strategia di deterrenza del Cremlino illustrata dal generale Andrej Il'nitskij, consigliere del ministro della Difesa della Federazione russa Sergej Kužugetovič Šojgu

L’articolo recentemente pubblicato dall’house organ di Vision & Global Trend – International Institute for Global Analyses, diretto da Tiberio Graziani, e ripreso in sintesi da insidertrend.it, analizza dal punto di vista russo le minacce geopolitiche che la Russia percepisce, cioè ciò che conseguentemente informa la sua pianificazione strategica. Questo in un contesto proteiforme caratterizzato da continui conflitti di ultima generazione, sempre meno «cinetiche» e sempre più «ibride».

Mosca si trova ad affrontare la pandemia da Covid-19 con le sue variegate conseguenze, il collasso economico globale e l’abbattimento dei prezzi delle materie prime energetiche sui mercati, nonché – ad avviso del generale dell’Armata russa -, «il caos politico dei preparativi militari occidentali e statunitensi».

 

di Andrej Il’nitskij (l’articolo rispecchia l’opinione dell’autore) – Come e cosa stanno preparando gli Stati Uniti? Come vengono analizzate le minacce attuali e pianificati i conflitti futuri? Come determina Washington il proprio ruolo nel mondo? Quali saranno i nemici dell’America domani? Le risposte a tali quesiti sono contenute nei rapporti pubblicati dalla RAND Corporation, un istituto americano leader nell’analisi degli scenari che ha sviluppato una strategia per noi e per il Pentagono.

La nuova strategia di deterrenza russa. Lo scopo di questo articolo è quello di analizzare le minacce geopolitiche che la Russia deve affrontare nel contesto della crisi provocata dal coronavirus, del collasso economico globale, del caos politico e dei preparativi militari occidentali e statunitensi.

Come e cosa stanno preparando gli Stati Uniti? Come vedono minacce e conflitti futuri? Come determinano il loro ruolo nel mondo? Chi saranno i loro nemici domani?

Le risposte a queste domande sono contenute nei rapporti pubblicati dalla RAND Corporation, l’istituto statunitense che elabora analisi, leader nel suo settore, che ha sviluppa una strategia sia per noi che per il Pentagono.

Vale la pena iniziare con il rapporto RAND Scrutando la sfera di cristallo: valutazione olistica del futuro della guerra, pubblicato l’11 maggio scorso.

Gli autori evidenziano la più forte crisi politica attraversata dagli Stati Uniti, una constatazione basata sull’analisi dell’attuale situazione geopolitica e sullo scenario probabile per il prossimo futuro.

L’opinione pubblica americana diviene sempre più polarizzato su molte questioni, tra le quali figurano la politica estera e quella di difesa, una situazione che sta conducendo il Paese a un’impasse che limiterà le sue capacità di svolgere i compiti necessari all’azione efficace di una superpotenza globale.

Al riguardo gli analisti della RAND indicano delle possibili soluzioni per superare la crisi, ma attraverso un conflitto!

Secondo essi, il livello decisionale politico potrebbe affidarsi a soluzioni del genere sempre più frequentemente, poiché le Forze armate degli Stati Uniti sono una delle poche istituzioni governative di cui gli americani si fidano.

Nel rapporto viene chiaramente indicato come gli Usa cercheranno di mantenere la loro posizione di supremazia militare a livello mondiale.

I dispositivi militari della Repubblica Popolare cinese e della Federazione russa stanno acquisendo sempre maggiori capacità, dato che entrambi vengono sottoposti a continui processi di modernizzazione e professionalizzazione.

Al fine di contrastare la superiorità degli Stati Uniti, entrambi questi Paesi – assieme all’Iran e alla Corea del Nord – faranno sempre più ricorso ad asset e modalità della guerra asimmetrica, quali le operazioni informatiche, i sistemi missilistici e le armi di distruzione di massa per contrastare la solita superiorità degli Stati Uniti.

Il dominio dello spazio informatico diverrà sempre più centrale ai fini della stabilità interna, costituendo altresì un’efficace strumento per la sovversione all’estero.

Gli attuali rivali di Washington – cioè Cina, Russia, Iran, Corea del Nord e i gruppi terroristici – potrebbero permanere invariati, questo mentre i suoi alleati potrebbero invece mutare collocazione mano a mano che l’Unione europea verrà interessata da fenomeni centrifughi che ne comportino delle fratture interne e, questo, potrà portare a una fase nella quale essa nutrirebbe meno interesse a partecipare a operazioni in campo militare, chiudendosi gradualmente in un proprio isolamento.

La Russia revanscista. Sebbene la Russia sia probabilmente un Paese in declino, tuttavia ha reagito agli avvenimenti in maniera aggressiva, intervenendo con le sue forze armate in Georgia, Ucraina e Siria, riaffermando così il suo rango di grande potenza. Quindi, da un punto di vista militare la Russia si configura chiaramente come un avversario degli Stati Uniti. Il confronto con questi ultimi è dunque destinato a intensificarsi non soltanto in terra, nel mare e nei cieli, bensì anche in altre dimensioni, quali quella dello spazio, dell’informazione e del cyberspazio.

I fattori di influenza esterna maggiormente critici per la Russia sono costituiti dal soft power (ad esempio: propaganda e guerra ideologica) e dalle minacce portate nella dimensione cyber.

Si tratta di opzioni in grado di generare caos nelle società prese di mira, diffondendo dubbi e incertezze tra la gente, minando così la fiducia nelle relazioni tra il potere costituito e la società, distruggendo le infrastrutture sociali e, conseguentemente, indebolendo lo Stato. Ci concentreremo su queste minacce.

Come agiranno i nostri potenziali avversari? Entro il 2023, si andrà consolidando una nuova forma di guerra concettualmente sociale e virtuale, un meccanismo in grado di minare la sovranità e distruggere gli Stati (il rapporto della RAND Corporation pubblicato nell’ottobre del 2013 fa riferimento al rischio emergente di una guerra sociale virtuale che comporti la manipolazione sociale in un ambiente di informazione mutevole). I metodi di questa guerra sono molto sofisticati. Possono includere sanzioni politiche e operazioni segrete volte a creare la quinta colonna nel paese di destinazione con l’aiuto di diaspore o comunità etnicamente correlate.

È ovvio che oggi la Russia sia oggetto di una campagna propagandistica negativa su larga scala e che la guerra dell’informazione sia stata scatenata contro di essa.

Lo scopo della capillare campagna è quello di screditare il Paese, ponendo in risalto la sua aggressività e il suo frequente ricorso  a forme di cyber terrorismo. Tutti gli strumenti possibili, i media classici e quelli digitali esistenti vengono allo scopo utilizzati per il conseguimento di tale obiettivo.

Come sarà condotta questa guerra? La risposta al quesito è contenuta in un recente rapporto analitico prodotto del JSC Kribrum per conto del Centro per l’informazione politica, intitolato “Guerra dell’informazione contro la Russia: proiettare l’immagine di un nemico”.

Si tratta del primo documento di una serie di studi condotti sui social network e sui mass media al fine di identificare gli strumenti e i metodi più idonei dei nostri rivali. Gli specialisti lo hanno elaborato utilizzando tecnologie nazionali uniche e senza precedenti per lavorare su un fascio di informazioni ricavate dalla rete globale.

Twitter è stata scelta per la prima fase di studi, poiché rappresenta il servizio che offre la risposta più rapida ai bisogni di comunicazione e informazione nel quadro degli attuali eventi sociali e politici, qualcosa che riflette accuratamente lo stato del dell’informazione nel suo complesso. Ilo stesso presidente Donald Trump comunica direttamente con i cittadini degli Stati Uniti d’America e col mondo servendosi di tweeet.

I risultati di questo studio dimostrano come sia stia formando un’immagine negativa dei servizi di informazione e sicurezza russi (FSB, SVR, GRU, eccetera) e della Russia nel suo complesso.

Questa immagine viene introdotta mediante piattaforme di lingua russa sia in Russia, che in Ucraina, Georgia, Polonia, Stati baltici, Israele e altrove, al pari di una “quinta colonna” all’interno del Paese, qualcosa predisposta alla formazione in seno alla popolazione russa di un’opinione negativa riguardo alla propria leadership politica.

Fasi del processo di esportazione dell’immagine di un nemico. In Occidente le seguenti dichiarazioni spaventano la gente comune:

«L’esercito russo è aggressivo e si trova appena oltre i confini del mondo libero».

«Gli hacker russi, minacciosi e onnipresenti, sono al servizio delle agenzie di sicurezza della Federazione russa».

«Gli hacker russi interferiscono con ogni processo sociale e decisionale: dalle elezioni al funzionamento dei media e dei bagni pubblici».

«Gli hacker russi minano le basi stesse della civiltà occidentale».

I motivi alla base di questa campagna di propaganda negativa nei confronti della Russia nell’arena geopolitica sono diversi, ma la tecnologia è però noiosa e poco creativa. Lo scenario è sempre il medesimo: l’Occidente riversa la colpa sugli hacker manovrati dai servizi segreti di Mosca ogni qual volta si verifica un incidente, sia che si tratti di un guasto fognario o di un fallimento delle reti elettriche municipali, ovvero ancora di una grande rivelazione politica che ha suscitato scandalo.

Alcuni esempi recenti. Campagna speciale «accusare un russo». L’Occidente ha ritenuto gli “hacker russi” responsabili dell’attacco contro il servizio sanitario della Repubblica ceca, compiuto tra dicembre del 2019 e il marzo del 2020, quando i documenti e le banche dati di quella struttura vennero pubblicati sul web.

A prima vista potrebbe apparire soltanto come un piccolo evento locale, tuttavia, questo incidente è stato utilizzato strumentalmente per formare l’opinione pubblica nel senso anti-russo, in un particolare momento emozionale, quello della demolizione del monumento al maresciallo Konev a Praga.

La ragione di tali accuse infondate è stata la lettera inviata al Governo ceco dal ministro della Difesa russo Sergej Šhoigu il 9 aprile 2020 per richiedere la restituzione del monumento poi smantellato. Tre giorni dopo, il presidente ceco Miloš Zeman definì quello smantellamento come «un’azione stupida e ridicola», mentre il titolare del dicastero della Difesa di Praga giustificò le preoccupazioni nutrite dal suo omologo di Mosca.

E poi iniziarono i Baccanali. La reazione dei media cechi e, in generale, di quelli occidentali fu immediata, essi parlarono infatti di «un incremento della tensione nelle relazioni russo-ceche».

Il 16 Aprile apparvero le prime accuse nei confronti della Russia relative ad attacchi di hacker alle strutture mediche ceche. I dettagli vennero pubblicati in Internet da Seznam Zprávy con il titolo «Svelata la fonte degli attacchi informatici agli ospedali cechi».

Anche gli Usa e i settori filo-americani europei si sono mostrati interessati all’aggiornamento del tema relativo alla “minaccia russa”, questo allo scopo non soltanto di «correggere» la devianza filo-russa dei cechi, ma anche di minare il background mediatico positivo intorno all’aiuto umanitario russo fornito a Italia e Serbia nel contrasto della pandemia del coronavirus.

Regno Unito. Al medesimo scenario venne fatto ricorso al fine di spiegare gli attacchi informatici portati alle strutture sanitarie del Regno Unito.

Il 22 aprile l’ambasciatore britannico Mosca, Broner, ringraziò il ministero degli esteri russo e l’Aeroflot per l’aiuto da essi fornito nel riportare i cittadini britannici in patria.

Il 3 maggio, il British National Cybersecurity Center accusò la Russia di aver, all’inizio del marzo 2020, tentato di sottrarre gli sviluppi delle ricerche effettuate dai virologi britannici per un vaccino contro il coronavirus.

Germania. Allo stesso tempo, la campagna di propaganda anti-russa è stata lanciata in Germania, accusando gli «hacker militari russi» di aver violato i server del Bundestag e le e-mail personali della cancelliera Angela Merkel nel 2015.

I rivali geopolitici di Mosca hanno deciso di minare le iniziative e i rapporti tra la Russia e la Repubblica federale tedesca allo scopo di acuire il regime di sanzioni contro la Federazione russa, prevenire la cooperazione tra i due paesi nella lotta contro la pandemia, bloccare la messa in servizio del gasdotto North Stream 2, nonché “invertire” il “disgelo” emergente nelle relazioni russo-tedesche.

Polonia. I media occidentali non avrebbero potuto certo ignorare il miglioramento delle relazioni russo-polacche, infatti, nell’aprile del 2020 i ministri degli esteri di Varsavia e Mosca annunciarono la normalizzazione delle relazioni bilaterali, ma la narrativa di allora venne demolita dalle accuse formulate alla Russia, indicata quale responsabile degli attacchi informatici alle istituzioni educative polacche compiute nel maggio dell’anno precedente.

Coloro che intraprendono una guerra dell’informazione contro la Russia sono costretti a inventare qualcosa dal nulla, tanto a nessuno importerà della mancanza di prove concrete.

Georgia. Un altro esempio viene fornito dall’attacco informatico a siti web e canali televisivi georgiani dopo una tirata inaccettabile dal presentatore televisivo locale Giorgi Gabunia contro il presidente Vladimir Putin.

Le accuse mosse contro la Russia si basavano principalmente sulla dichiarazione dell’ambasciata degli Stati Uniti a Tbilisi. La BBC si riferisce al National Cyber Security Centre del Regno Unito, che ha osservato come l’intelligence britannica abbia stabilito che ci fosse il GRU dietro l’attacco informatico alla Georgia del 2019, con una probabilità superiore al 95 per cento. Tuttavia, sono state riscontrate tali informazioni sul sito web del Cyber Center del Regno Unito.

Non è affatto un segreto che i servizi segreti occidentali siano in grado di imitare le hacker TTPs (tattiche, tecniche e procedure) degli specialisti in Information Technology russi, inclusi quelli che lavorano nelle agenzie di intelligence e i responsabili della sicurezza delle informazioni della Federazione russa. A questo scopo gli Stati Uniti e i suoi alleati si servono di hacker di madre lingua russa provenienti dai paesi dell’ex Unione Sovietica, alcuni dei quali hanno affinato le loro competenze professionali nell’ambito della Scuola sovietica di crittografia. Ecco spiegata la ragione per la quale sono in grado di utilizzare le istruzioni in russo.

In alcuni casi l’Occidente ha creato gruppi di hacker “falsi” utilizzandoli per porre in atto delle provocazioni. Non poi così è difficile per un team di specialisti qualificati spacciare le proprie TTP per quelle di hacker russi, così  Washington e i suoi alleati hanno potuto portare a termine operazioni cyber sotto falsa bandiera, simulando attacchi informatici russi per diversi anni.

Il mito degli onnipresenti hacker russi, che possono irrompere ovunque e rendere inattivo qualsivoglia apparato elettronico, per i politici occidentali ha assunto le stesse forme della storia dell’orrore del Boogeyman che viene raccontata ai bambini americani.

Lo stesso rapporto diffuso da JSC Kribrum ha reso noti gli algoritmi utilizzati in quelle campagne di disinformazione condotte a danno della Russia nei social network. Essi si sono rivelati molto interessanti, poiché per la prima volta sono stati identificate e introdotte cloud di tag e key word di tag utilizzate nei microblog e nei social network pro-occidentali per facilitare la ricerca di messaggi per argomento o contenuto.

Il rapporto analitico sulla guerra dell’informazione di JSC Kribrum. I diagrammi pubblicati mostrano un forte aumento dell’attività delle reti pro-occidentali registrato alla fine del 2016, un periodo ben preciso, caratterizzato dalla fine del ciclo elettorale e dall’emergere di una nuova tesi, quella relativa all’interferenza russa.

È importante notare, che allo stesso tempo è stato introdotto un cambiamento sul piano semantico nella narrativa principale relativa alle accuse contro la Russia: da «aggressione» a «interferenza.

Il numero di rapporti di accusa di interferenza nelle questioni politiche interne di diversi Stati nei confronti della Federazione russa in quella fase registrò una crescita.

Inizialmente gli «hacker russi» furono accusati di «interferenza» e venne paventata la loro possibile appartenenza ai servizi segreti della Federazione, in seguito, nell’Occidente si scrisse riguardo all’esistenza di speciali unità per la guerra cibernetica facenti capo a FSB, SVR e GRU.

Le accuse vennero quindi trasformate da «azioni di hacker russi, presumibilmente legati ai servizi segreti», a quelle «dei servizi segreti russi»

Un’analisi psicologica e linguistico-semantica. Secondo il rapporto di JSC Kribrum, un’analisi psicologica e linguistico-semantica dell’infosfera estera mostra che il 35% degli utenti occidentali di Twitter associa la Russia ai suoi servizi di sicurezza; i termini sono: «forze militari», «FSB», «SVR», «GRU», «forze speciali».

Gli utenti stranieri mostrano sintomi di cyberofobia, che sfociano poi in russofobia, essi hanno davvero paura delle minacce informatiche russe nonostante la completa mancanza di prove.

Nei media russi l’immagine di «hacker russi» non è così efficace così come in quelli occidentali, inoltre, si tratta di un termine ironico e vagamente collegato ai servizi segreti della Federazione, tuttavia, la sia la politica che la strategia occidentali nei confronti della Russia si basano su metodi come quelli sopra descritti.

L’obiettivo principale delle provocazioni anti-russe nel cyberspazio è quello di ingenerare nella coscienza pubblica occidentale una sorta di ciberofobia, minando gli sforzi di Mosca tesi alla edificazione di un equilibrio strategico di potere che contempli il ripristino di relazioni di fiducia con i partner stranieri e contrasti con successo la pandemia del coronavirus.

Nonostante la crisi provocata dal coronavirus stia per finire, l’Occidente continua però a infiammare e distorcere. Di seguito è riportato un estratto dell’articolo pubblicato dal New York Times il 28 Maggio 2020.

Sulla base di un ordine presidenziale emesso nel 2018, il generale Paul M. Nakasone, comandante dell’US Cyber Command, è stato posto nelle condizioni di operare esercitando la sua autorità anche in ambiti quali l’implementazione dei software di attacco da impiegare contro la rete energetica russa, suggerendo al riguardo a Mosca quali potrebbero essere le ritorsioni alle quali potrebbe andare incontro qualora cercasse di attaccare le infrastrutture critiche statunitensi.

Pertanto, secondo questa pubblicazione, elementi di cyber-aggressione diretta contro la Russia sono già stati implementati, dunque siamo di fronte non più soltanto a una Minaccia, ma, in generale, a una dichiarazione belligerante.

Anche la Repubblica Popolare cinese è oggetto dell’intenso controllo degli Stati Uniti. Il citato rapporto della RAND Corporation afferma infatti che «il potere di utilizzare lo strumento delle sanzioni economiche potrebbe diminuire, perché la Cina renderà il suo settore finanziario molto più aperto e indipendente dagli Stati Uniti di quanto non sia ora. Se ciò accadesse, gli Stati Uniti potrebbero aver bisogno di ricorrere a forme più cinetiche di coercizione».

A mio parere, si tratta di un conflitto diretto.

Guerra economica contro la Cina. Così, il governo degli Stati Uniti sta lavorando a una guerra economica contro la Cina, mettendo nel conto la possibilità che essa possa degenerare in una guerra cinetica. Allo stesso tempo conduce la guerra informatica contro la Russia, con la possibilità che anch’essa degeneri in una guerra cinetica. Uno scenario a tal punto apocalittico viene pianificato per il mondo dagli strateghi americani dei servizi segreti…

La Russia non dovrebbe tenere conto soltanto di queste minacce, ma dovrebbe essere anche proattiva. La garanzia di informazioni e di cyber-sicurezza è interdipartimentale, essa richiede una stretta cooperazione e degli sforzi congiunti profusi da tutti i servizi di sicurezza e delle forze dell’ordine, unitamente alle autorità civili e alla società. Inoltre, richiede una politica nazionale consolidata per garantire la sicurezza.

Si richiede quindi un modello socio-economico applicabile all’interno del sistema statale, in grado di duplicarsi e assicurare il proprio funzionamento in caso di qualsiasi tipo di crisi ibride, come coronavirus o fallimenti cyber-tecnologici in futuro.

Gli emendamenti alla Costituzione della Federazione russa che voteremo a luglio  tendono a perseguire una tale strategia.

L’articolo 71 afferma che: «La giurisdizione della Federazione Russa include:

  1. i) sistemi energetici federali, energia nucleare, materie fissili; trasporti federali, comunicazioni, traffico, informazione, tecnologia dell’informazione e comunicazioni; attività spaziali;

ii m) la difesa e la sicurezza; industria della difesa; la definizione della procedura per la vendita e l’acquisto di armi, munizioni, equipaggiamenti militari e altre proprietà militare; produzione di sostanze tossiche, farmaci e procedura per il loro uso; garantire la sicurezza degli individui, della società e dello stato, mentre l’applicazione della tecnologia dell’informazione, la circolazione di dati digitali (…)»

Il significato di questa disposizione è di estremo valore!

La strategia statale dovrebbe venire assicurata ideologicamente, tecnologicamente e professionalmente con il Ministero della Difesa alla guida del processo. A questo assistiamo negli Stati Uniti, che dispone di diciassette servizi di intelligence, mentre il Dipartimento alla Difesa sostiene i loro sforzi al fine di garantire la sicurezza informatica nazionale. Dal canto suo la Cina si muove da tempo in questa direzione.

Costruire uno Stato russo che garantisca la sicurezza interna e quella esterna, la parità di accesso all’assistenza sanitaria, l’istruzione e infrastrutture sociali avanzate è la questione vitale del nostro tempo.

Gestire il problema renderà la Russia una nazione modello. È difficile, tuttavia è una grande e storica missione.

Condividi: