L’OPINIONE, economia. Nuove frontiere della globalizzazione e «gap» evidenziato dai fora mondiali

La ripresa dopo il coronavirus vedrà una mappa geo-politica e geo-economica totalmente diversa da prima. Non solo per gli effetti asimmetrici della pandemia, ma soprattutto per ciò che l’Occidente (Europa e Usa) non ha fatto nei vent’anni precedenti. In questo scenario ineluttabile, se l’Europa continuerà a fare la bella addormentata nel bosco gli europei spariranno tutti, Germania compresa

a cura del professor Mario Baldassarri (presidente del Centro Studi Economia Reale), pubblicato da “Il Sole 24 Ore” il 26 maggio 2020 – Venti anni fa era già evidente che una globalizzazione senza “governo” avrebbe portato a crisi sempre più frequenti e profonde. Occorreva allora una nuova governance mondiale, un nuovo G8 che chiamasse a decidere tutte le grandi aree del mondo.

Il vecchio G7 rappresentava solo un terzo del pianeta ed era uno specchietto retrovisore. Pertanto il nuovo G8 avrebbe dovuto includere Stati Uniti, Cina, India, Giappone, Russia, un paese dell’America Latina ed un paese dell’Africa.

E l’ottavo paese? Gli Stati Uniti d’Europa. Era infatti chiaro che, o l’Europa diventava una entità politica continentale, oppure spariva dalla scena.

L’Africa sembrava un continente perduto, l’Atlantide del terzo millennio. Per “vicinanza” l’Europa avrebbe dovuto costruire subito un’area di libero scambio con i paesi africani del mediterraneo, allargandola poi verso l’area sub-sahariana.

Nel totale vuoto europeo e nel miope credo Trumpiano del bilateralismo conflittuale, la Cina ha già “conquistato” l’Africa.

La ripresa dopo il corona-virus vedrà una mappa geo-politica e geo-economica totalmente diversa da prima. Non solo per gli effetti asimmetrici della pandemia ma soprattutto per ciò che l’Occidente (Europa e Stati Uniti) non ha fatto nei venti anni precedenti.

In questo scenario ineluttabile, se l’Europa continuasse a fare la bella addormentata nel bosco…noi europei spariremmo tutti, Germania compresa.

Merkel e Macron hanno proposto di assegnare al bilancio europeo rafforzato un Recovery Fund con 500 miliardi di fondi perduti da dare ai paesi che più ne hanno bisogno e non in base alle quote dei singoli stati.

Questo può essere il vero seme in grado di fecondare l’ovocita dell’Unione europea. Ne nascerebbe un embrione di Stati Uniti d’Europa capace di diventare soggetto adulto, un continente europeo protagonista del mondo del XXI secolo.

Le nostre radici culturali, il nostro stato di diritto, le nostre libertà civili, il nostro stato sociale, la nostra democrazia devono infatti essere pietra d’angolo del nuovo equilibrio mondiale.

Senza, saranno altre radici, altre culture, altre forme di dittature a dominare il secolo.

La cancelliera Merkel, da allieva di Helmut Kohl, ha probabilmente capito una semplice cosa sulla Germania e tre semplici cose sull’Europa.

All’interno della Germania ha capito che la potente macchina produttiva tedesca non può farcela da sola. Avrebbe infatti gravi problemi sul lato della produzione e della domanda. Le catene del valore sono ormai integrate e, ad esempio, il settore automotive tedesco avrebbe enormi difficoltà senza la componentistica italiana. E poi a chi venderebbero le loro automobili con tutta l’Europa del sud in crisi?

Sull’Europa ha capito che:

1 – gli stati con capacità fiscale forte come la Germania possono avere un ripresa solida, ma quelli con finanza pubblica già compromessa prima del virus avranno una ripresa debole e lenta. Questo allargherebbe le “divergenze” interne, soprattutto nell’area euro, fino a portarla all’esplosione, mentre c’è assoluta urgenza di “convergenza economica e solidarietà finanziaria”;

2 – come nei venti anni passati, miopi linee pseudo-rigoriste spingerebbero i paesi in maggiore difficoltà a trovare la quadra dei conti diminuendo gli investimenti pubblici che sono invece l’asse portante di una Europa protagonista sulla scena mondiale;

3 – si aprirebbero allora autostrade a tutti i movimenti populisti e nazional-sovranisti europei.

C’è chi ha detto che 500 miliardi non bastano, ne occorrono almeno 1.000. Se passa il principio dei 500 miliardi a fondo perduto non è difficile aggiungere poi altri 500-1.000 miliardi di prestiti a 30-40 anni.

Inoltre, la differenza tra prestiti e fondi perduti non è in realtà così rilevante. Avere prestiti a 30-40 anni a interesse quasi zero (inferiore alla crescita del Pil) significa non creare rischi sul rapporto Debito/Pil che, in queste condizioni, è “aritmeticamente” destinato a ridursi.

Certo, c’è l’opposizione ai fondi perduti di Austria, Danimarca, Olanda e Svezia, ma forse non ai prestiti. E comunque questi quattro paesi rappresentano poco più del 10% del Pil totale dell’Unione. Quindi a oggi il bicchiere è pieno quasi al 90 per cento.

C’è chi dice inoltre che per avere quei fondi si dovranno accettare condizioni. Ma le condizioni non possono che essere quelle di usare bene i fondi per riforme strutturali che spingano sul serio la crescita e l’occupazione e, attraverso questo, rendano sostenibile a lungo termine il debito pubblico. Questo però è interesse del debitore forse più che del creditore.

E comunque, chi è disposto a dare soldi senza almeno queste condizioni …scagli la prima pietra contro la signora Merkel.

In realtà dovremmo sostenerla con forza ed incrociare le dita perché la proposta della Commissione europea faccia perno sull’accordo franco-tedesco e il Consiglio europeo, dopo avere in aprile approvato all’unanimità il solo titolo del Recovery Fund, ne approvi questi contenuti nella sua prossima riunione di giugno.

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