ECONOMIA, fisco. Mef: dichiarazioni dei redditi delle persone fisiche (Irpef) e dichiarazioni IVA per l’anno di imposta 2018

L’accelerazione impressa negli ultimi anni dal Dipartimento delle Finanze alle procedure di validazione statistica e le innovazioni nel processo legato alla dichiarazione precompilata, avviate dall’Amministrazione finanziaria nel 2015, consentono di rendere disponibili in modo tempestivo i dati delle dichiarazioni dei redditi delle persone fisiche presentate nel 2019 e riferite all’anno di imposta 2018

L’accelerazione impressa negli ultimi anni dal Dipartimento delle Finanze alle procedure di validazione statistica e le innovazioni nel processo legato alla dichiarazione precompilata, avviate dall’Amministrazione finanziaria nel 2015, consentono di rendere disponibili in modo tempestivo i dati delle dichiarazioni dei redditi delle persone fisiche presentate nel 2019 e riferite all’anno di imposta 2018.

La data di pubblicazione risente tuttavia dello slittamento della scadenza per la presentazione della dichiarazione dei redditi (2 dicembre 2019).

Quadro generale. È utile innanzitutto ricordare i dati macroeconomici dell’anno di riferimento: nel 2018 il PIL ha presentato una crescita dell’1,7% in termini nominali e dello 0,8% in termini reali[1].

Numero di contribuenti Irpef. Circa 41,4 milioni di contribuenti hanno assolto l’obbligo dichiarativo, direttamente attraverso la presentazione dei modelli di dichiarazione “Redditi Persone Fisiche[2]” e “730”, o indirettamente attraverso la dichiarazione dei sostituti d’imposta (Certificazione Unica – CU).

Il numero totale dei contribuenti è aumentato di circa 162.000 soggetti (+0,4%) rispetto all’anno precedente.

Tipo di dichiarazione. Sono 21,2 milioni le persone fisiche che hanno utilizzato il modello 730 con un aumento di oltre 500.000 contribuenti rispetto all’anno precedente; 9,6 milioni di soggetti hanno presentato invece il modello “Redditi persone fisiche”, mentre i dati dei restanti 10,6 milioni di contribuenti, non tenuti a presentare direttamente la dichiarazione, sono stati acquisiti tramite il modello CU compilato dal sostituto d’imposta.

Reddito complessivo dichiarato. Il reddito complessivo totale dichiarato ammonta a circa 880 miliardi di euro (+42 miliardi rispetto all’anno precedente, +5%) per un valore medio di 21.660 euro, in crescita del 4,8% rispetto al reddito complessivo medio dichiarato l’anno precedente.

Si sottolinea che nel 2018 cambia la gestione del riporto delle perdite per i soggetti in contabilità semplificata, ora equiparate a coloro che hanno una contabilità ordinaria e che pertanto non rientrano più nel calcolo del reddito complessivo.

Per un confronto omogeneo con l’anno precedente, è necessario escludere dal reddito complessivo del 2017 le perdite in contabilità semplificata e da partecipazione in società esercenti attività d’impresa, in tal caso la variazione percentuale del reddito complessivo rispetto al 2017 è del +3,1 per cento.

L’incremento del reddito complessivo è dovuto all’aumento dei redditi da pensione, lavoro dipendente e lavoro autonomo[3].

L’analisi territoriale conferma che la regione con reddito medio complessivo più elevato è la Lombardia (25.670 euro), seguita dalla Provincia Autonoma di Bolzano (24.760 euro), mentre la Calabria presenta il reddito medio più basso (15.430 euro); anche nel 2018, quindi, rimane cospicua la distanza tra il reddito medio delle regioni centro-settentrionali e quello delle regioni meridionali.

Tipologie di reddito dichiarate. I redditi da lavoro dipendente e da pensione rappresentano circa l’82% del reddito complessivo dichiarato, nello specifico, il reddito da pensione rappresenta il 29% del totale del reddito complessivo.

Il reddito medio più elevato è quello da lavoro autonomo, pari a 46.240 euro[4], mentre il reddito medio dichiarato dagli imprenditori (titolari di ditte individuali) è pari a 20.940 euro[5].

Il reddito medio dichiarato dai lavoratori dipendenti è pari a 20.820 euro, quello dei pensionati a 17.870 euro.

Infine, il reddito medio da partecipazione in società di persone ed assimilate risulta di 18.130 euro. Si ricorda che la quasi totalità dei redditi da capitale è soggetta a tassazione sostitutiva e non rientra pertanto nell’Irpef.

È opportuno ribadire che per “imprenditori” nelle dichiarazioni Irpef si intendono i titolari di ditte individuali, escludendo pertanto chi esercita attività economica in forma societaria; inoltre la definizione di imprenditore non può essere assunta come sinonimo di “datore di lavoro” in quanto la gran parte delle ditte individuali non ha personale alle proprie dipendenze.

Sarebbe pertanto improprio utilizzare i dati sopra riportati per confrontare i redditi degli “imprenditori” con quelli dei “dipendenti”[6].

L’analisi dell’andamento dei redditi medi delle singole categorie di contribuenti evidenzia che, in confronto al 2017, crescono in misura significativa i redditi medi da lavoro autonomo (+6,3%), mentre la contrazione del reddito d’impresa (-5,2%)[7] e del reddito da partecipazione (-1,4%) sono verosimilmente dovuti agli effetti transitori dell’introduzione, a partire dal 2017, del regime per cassa per le imprese in contabilità semplificata.

Il reddito medio d’impresa in contabilità ordinaria, non interessato dalla variazione normativa, aumenta del 4,6%.

Il reddito medio da pensione mostra una crescita del 2,5%, confermando il trend degli anni precedenti, mentre continua a rilevarsi una contrazione del numero di pensionati (oltre 73.500 soggetti in meno, -0,5%), effetto della riforma delle pensioni Monti-Fornero, (D.L. 201 del 6/12/2011) che ha posticipato il raggiungimento dei requisiti per il pensionamento.

Risulta in crescita anche il reddito medio da lavoro dipendente (+1,3%), a differenza della flessione registrata nell’anno precedente.

In tale ambito, va evidenziato l’aumento del numero sia di lavoratori con contratti a tempo indeterminato (+1,2%) sia di lavoratori con contratti a tempo determinato (+3,5%). Inoltre, si registrano 279.055 soggetti (1,3% del totale lavoratori dipendenti,con una flessione del 5,2% rispetto al 2017) che hanno richiesto la liquidazione mensile del TFR, per un ammontare di circa 132 milioni di euro (valore medio annuo di 474 euro).

Nel 2018 l’ammontare del reddito da fabbricati soggetto a tassazione ordinaria ammonta a 26,7 miliardi di euro, con una riduzione dell’1,3% rispetto all’anno precedente, a causa dell’aumento della tassazione sostitutiva.

Principali novità. Oltre alle novità già descritte rispetto alle imprese in contabilità semplificata, si segnala che la Legge di Bilancio 2018 ha introdotto delle modifiche per quanto riguarda le soglie di fruibilità per il credito denominato “Bonus Irpef” di 960 euro, riconosciuto ai titolari di reddito di lavoro dipendente e di alcuni redditi assimilati.

Tale importo spetta ai contribuenti con reddito fino a 24.600 euro (nel 2017 era 24.000), proporzionalmente ridotto per i redditi fino a 26.600 euro (nel 2017 era 26.000 euro).

Dalle dichiarazioni risultano circa 12,1 milioni di soggetti con bonus spettante (+3,3% rispetto al 2017) per un ammontare di circa 9,9 miliardi di euro (+3,6% rispetto al 2017).

Significativa è l’incidenza percentuale dei soggetti beneficiari del bonus rispetto al totale lavoratori dipendenti, pari al 54% in tutto il territorio nazionale, mentre è da sottolineare che circa 2,4 milioni di soggetti (20% di coloro che hanno diritto al bonus) hanno un bonus spettante di ammontare superiore all’imposta netta dovuta nell’anno in esame.

Ciò implica che per tali soggetti il bonus ha rappresentato un trasferimento monetario per la quota parte eccedente l’imposta netta.

Complessivamente la parte di bonus corrispondente ad un trasferimento monetario è stata pari a 1 miliardo di euro.

Per quanto riguarda le detrazioni IRPEF, è stata introdotto il bonus verde, che prevede una detrazione del 36% per interventi relativi a “sistemazione a verde” di aree scoperte private di edifici esistenti, a impianti di irrigazione e realizzazione pozzi e alla realizzazione di coperture a verde e di giardini pensili.

Tali spese sono detraibili per un ammontare complessivo non superiore a 5.000 euro per unità immobiliare ad uso abitativo.

Dalle dichiarazioni 2018 risulta un ammontare di 4,4 milioni di euro di detrazione per bonus verde.

Imposta netta. L’imposta netta totale dichiarata è pari a 164,2 miliardi di euro, (+4,3% rispetto all’anno precedente).

Al netto degli effetti del bonus 80 euro, l’imposta netta Irpef risulta pari in media a 5.270 euro e viene dichiarata da circa 31,2 milioni di soggetti, pari a circa il 75% del totale dei contribuenti.

Oltre 10,2 milioni di soggetti hanno un’imposta netta pari a zero. Si tratta prevalentemente di contribuenti con livelli reddituali compresi nelle soglie di esenzione, ovvero di coloro la cui imposta lorda si azzera per effetto delle detrazioni riconosciute dal nostro ordinamento. Inoltre, considerando i soggetti la cui imposta netta è interamente compensata dal bonus “80 euro”, i soggetti che di fatto non versano l’Irpef salgono a circa 12,6 milioni.

Analisi per classi di reddito. Analizzando i contribuenti per fasce di reddito complessivo si osserva che il 44% dei contribuenti, che dichiara il 4% dell’Irpef totale, si colloca nella classe fino a 15.000 euro; in quella tra i 15.000 e i 50.000 euro si posiziona il 50% dei contribuenti, che dichiara il 56% dell’Irpef totale, mentre solo circa il 6% dei contribuenti dichiara più di 50.000 euro, versando il 40% dell’Irpef totale.
Si rammenta che i soggetti con un reddito complessivo maggiore di 300 mila euro (0,1% del totale dei contribuenti) non sono più tenuti al pagamento del contributo di solidarietà del 3% sulla parte di reddito eccedente tale soglia.

Addizionale regionale e comunale. L’addizionale regionale Irpef ammonta nel 2018 a circa 12,3 miliardi di euro (+3,1% rispetto al 2017). L’addizionale regionale media è pari a 420 euro. Il valore più alto si registra nel Lazio (620 euro), il valore più basso si rileva in Basilicata e in Sardegna (280 euro).

L’addizionale comunale ammonta invece complessivamente a 5,0 miliardi di euro, in aumento del 3,6% rispetto al 2017, con un importo medio pari a 190 euro, che varia dal valore massimo di 250 euro nel Lazio, al valore minimo di 70 euro nella Provincia Autonoma di Bolzano.

Dichiarazioni Iva. Sono circa 4,7 milioni i contribuenti che hanno presentato la dichiarazione Iva per l’anno d’imposta 2018, in calo rispetto all’anno precedente (-1,7%), a causa principalmente della mancata presentazione della dichiarazione da parte dei soggetti che hanno aderito al regime forfetario.

Le operazioni imponibili dichiarate per l’anno d’imposta 2018 sono pari a 2.101 miliardi di euro (-0,1% rispetto al 2017), mentre il volume d’affari dichiarato ha raggiunto i 3.515 miliardi di euro, aumentando del 2,9%.

Il divergente andamento è dovuto all’incremento della componente non imponibile del volume d’affari, particolarmente robusto nelle operazioni verso l’estero, segnatamente quelle intracomunitarie (+5,2%) e quelle non soggette all’imposta ai sensi degli art. da 7 a 7 septies del D.P.R. 633/72 (+5,8%).

Anche le operazioni con applicazione del reverse charge crescono del 3,8%, nonostante la diminuzione di quelle afferenti l’edilizia.

Per l’anno d’imposta 2018, l’Iva di competenza è risultata pari a 106,8 miliardi di euro con una base imponibile pari a 703,9 miliardi di euro.

Questi dati non sono direttamente confrontabili con quelli dell’anno precedente, reperibili nelle tabelle presenti sul sito del Dipartimento delle Finanze[8], in quanto il procedimento di calcolo delle variabili di cui sopra è stato oggetto di revisione metodologica, resa necessaria dalle profonde modifiche del funzionamento dell’Iva intervenute negli ultimi anni in riferimento all’estensione del regime di reverse charge e del regime di split payment.

Nell’analisi dei dati, per un confronto omogeneo, i valori del 2017 sono stati ricalcolati utilizzando la nuova metodologia: in questa maniera nel 2018 si evidenzia un aumento dell’IVA di competenza di circa il 7,3%, attribuibile principalmente alle società di capitali (+8,9%); analizzando i principali settori di attività economica, quelli che mostrano un aumento più evidente sono il settore dell’alloggio e ristorazione e il settore manifatturiero.

Il totale Iva a credito passa dai 48,8 miliardi di euro del 2017 ai 49,2 miliardi di euro del 2018, con un incremento dello 0,82%.

Si ritiene che la modesta dimensione dell’incremento possa essere collegata all’introduzione, nella determinazione del credito Iva emergente dalla dichiarazione annuale, del vincolo in base al quale esso va calcolato considerando esclusivamente i versamenti effettuati[9].

Open data. Tutte le statistiche e le analisi dei dati sono disponibili sul sito internet del Dipartimento delle Finanze (www.finanze.gov.it), seguendo il percorso “dati e statistiche fiscali / dichiarazioni fiscali”. I dati vengono strutturati in open data, in modo da facilitarne il riutilizzo e per questo vengono diffusi anche nei formati Rdf e Csv oltre che in formato Xls.

Vengono anche aggiornati i dataset con doppia classificazione e la serie storica di dataset con le principali variabili dichiarate per comune.

 

[1] La variazione del Pil è riferita a dati aggiornati a marzo 2020 e provenienti dal DataWarehouse delle statistiche prodotte dall’Istat e disponibili sul proprio sito istituzionale.

[2] La denominazione del modello sostituisce la denominazione “Unico” usata negli anni precedenti.

[3] Per i titolari di reddito d’impresa e da partecipazione (contabilità semplificata) a partire dall’anno d’imposta 2017 è cambiato il criterio di determinazione del reddito d’impresa, che passa dal criterio di competenza al criterio di cassa e quindi al momento di regolazione finanziaria dell’operazione. Nel primo anno di applicazione del nuovo criterio le disposizioni di coordinamento hanno previsto l’integrale deduzione delle rimanenze iniziali; in virtù di quest’ultima deroga molti soggetti hanno determinato nel 2017 un reddito d’impresa negativo (per maggiori dettagli si rimanda alle analisi dei dati sul sito del Dipartimento delle Finanze e alla Circolare Agenzia Entrate 11/E/2017).

[4] Il reddito medio di imprenditori e lavoratori autonomi è calcolato con riferimento ai soli contribuenti che non dichiarano perdite.

[5] Nello specifico il reddito medio è pari a 38.790 euro per gli imprenditori in contabilità ordinaria e pari a 19.230 euro per gli imprenditori in contabilità semplificata. Il reddito preso a riferimento è quello di spettanza dell’imprenditore, al netto delle quote attribuite ai familiari collaboratori, che è il reddito rilevante ai fini del calcolo dell’Irpef; nelle tabelle pubblicate sul sito internet del Dipartimento delle Finanze sono disponibili anche i dati dei redditi al lordo delle quote imputate ai familiari collaboratori ed i dati riferiti ai soli imprenditori che hanno operato in continuità per tutto l’esercizio.

[6] Un’analisi più dettagliata degli imprenditori che sono anche datori di lavoro sarà disponibile a giugno 2020 all’interno delle analisi statistiche in base al reddito prevalente. Secondo i dati pubblicati a maggio 2019, riferiti all’anno d’imposta 2017, i datori di lavoro persone fisiche (circa 579 mila imprenditori e autonomi) dichiarano un reddito medio da attività economica pari a 25.709 euro, mentre i rispettivi dipendenti dichiarano un reddito medio di 9.912 euro. Si ricorda inoltre che tra i redditi da lavoro dipendente rientrano anche le retribuzioni di soggetti con redditi tipicamente elevati, quali ad esempio alti dirigenti privati e pubblici.

[7] Il valore si riferisce ai soggetti in contabilità semplificata. Si rimanda alla nota n. 3 e alle analisi dei dati per la variazione normativa che ha determinato un aumento delle perdite dichiarate dai soggetti in contabilità semplificata.

[8] Per maggiori dettagli si rimanda al sito del Dipartimento delle Finanze, particolarmente all’analisi dei dati, dove è possibile osservare il confronto con il 2017, e alla nota metodologica dove è descritta la nuova metodologia di calcolo.

[9] Nel modello Iva 2018 relativo al 2017, per determinare il saldo annuale Iva a debito o a credito si considerava l’ammontare dell’imposta periodica dovuta, anche se non versata. In questo modo l’ammontare del totale Iva a credito era aumentato del 14% rispetto all’anno precedente.

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