CRIMINALITÀ, stupefacenti. Il crimine tenta di adeguarsi all’emergenza: traffico e spaccio nell’era della pandemia

Arrestati dalla Guardia di Finanza a Roma due commercianti che detenevano hashish nel loro minimarket di Tor Pignattara; intanto continuano i sequestri di mascherine non a norma

In un minimarket di generi alimentari nella zona di Tor Pignattara, una pattuglia del

del III Nucleo Operativo Metropolitano della Guardia di Finanza, accorsa a seguito di una segnalazione pervenuta al numero di pubblica utilità 117, nel corso di un controllo finalizzato ad appurare l’eventuale detenzione di merce contraffatta o non a norma, ha rinvenuto sei panetti di hashish, pari a oltre mezzo chilogrammo di stupefacente, nascosti nel retro-bottega accanto a mascherine prive del marchio CE e del confezionamento necessario a preservarne la sterilità.

Per il titolare dell’esercizio commerciale e il suo dipendente, entrambi cittadini del Bangladesh, è scattata la denuncia all’Autorità giudiziaria di Roma per detenzione di droga ai fini di spaccio e frode in commercio.

E qui risiede l’aspetto interessante. Ora, è evidente che il rinvenimento di sostanze stupefacenti all’interno dell’esercizio commerciale non significa affatto che la comunità bengalese immigrata in Italia – nel caso specifico a Roma – tratti droga, tuttavia, il fatto che l’hashish si trovasse in un negozio rappresenta una probabile conferma della dinamica di assestamento in atto della criminalità dedita allo spaccio.

Questo ovviamente non esclude un intervento di organizzazioni mafiose “etniche” nel segmento terminale del traffico illegale, anche se tradizionalmente non caratterizzate da una specifica specializzazione nel settore degli stupefacenti all’interno della complessa «divisione del lavoro» criminale nello scenario sia romano che nazionale.

Una soggezione che può facilmente trasformarsi in costrizione per quegli immigrati onesti che, a causa della loro condizione di irregolarità nella quale versano ovvero per la soggezione (sia personale che della famiglia di appartenenza residenti nei paesi di origine, che si trova esposta agli eventuali rischi di ritorsione) dovuta al debito contratto con le organizzazioni criminali del proprio paese per espatriare clandestinamente, spesso non possono sottrarsi al lavoro che gli viene imposto da queste ultime, lavoro a volte illegale.

Nelle grandi città divenute immediatamente semideserte e costantemente presidiate da Forze dell’Ordine e militari a causa del blocco delle attività decretato per l’emergenza contagi, per i pusher è divenuto praticamente impossibile vendere la droga negli abituali luoghi di spaccio, conseguentemente, nei livelli immediatamente superiori della filiera si sta cercando di correre ai ripari per mantenere un minimo livello di mercato.

E chi, allora, meglio di un esercizio commerciale in regola con i codici Ateco, magari aperto 24 ore al giorno, è in grado di convertirsi merceologicamente alla categoria «stupefacenti» garantendo così continuità allo spaccio in questa fase di restrizioni alla libertà personale di movimento?

Sempre nella stessa giornata, ma stavolta nel quadrante orientale della capitale, in una rivendita di ricambi per telefonia mobile di via dell’Omo, i militari delle Fiamme gialle hanno sequestrato più di mille mascherine non conformi alla normativa comunitaria e nazionale.

All’interno di diversi scatoloni sono stati rinvenuti un gran numero di dispositivi di protezione individuale privi del marchio di qualità CE e, inoltre, in difetto riguardo qualsivoglia autodichiarazione indirizzata all’Istituto Superiore di Sanità e all’Inail relativa all’attestazione del rispetto dei requisiti di sicurezza in forza della deroga concessa in via eccezionale dal Governo allo scopo di fronteggiare l’emergenza sanitaria in atto.

Nella medesima rivendita i Finanzieri hanno trovato anche trecento articoli contraffatti griffati “Apple” e 30.000 euro contenuti all’interno di una valigia della quale il titolare dell’attività commerciale, un cittadino della Repubblica Popolare cinese, non ha giustificato la provenienza. L’uomo è stato quindi denunciato alla Procura della Repubblica di Roma per i reati di frode in commercio e introduzione nello Stato di prodotti con segni falsi.

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