AFGHANISTAN, cristiani. Coronavirus: chiude a Kabul l’unica chiesa cattolica del Paese

La cappella è nell’ambasciata italiana, venne edificata a seguito degli accordi tra stipulati nel 1921. Al 27 marzo i contagiati registrati in Afghanistan erano 80, tra di essi due diplomatici e quattro militari italiani. Nel Paese le strutture sanitarie sono inadeguate a fronteggiare l’emergenza

Per la Chiesa cattolica romana l’Afghanistan è sicuramente uno dei paesi più difficili, privo di relazioni diplomatiche con la Santa Sede e nel quale nessun suo cittadino  figura quale appartenente alla confessione cristiana, anche perché le conversioni dall’Islam ad altre religioni sono fonte di stigma e ritorsioni.

In tale contesto la cappella cattolica situata all’interno del complesso dell’ambasciata italiana costituiva un punto di riferimento per pochi cristiani del Paese, che è stata chiusa la scorsa settimana assieme all’intero compound a causa dell’emergenza coronavirus.

La notizia è stata data da padre Giovanni Scalese, sacerdote barnabita officiante nella cappella, per mezzo di una nota inviata a Fides, l’agenzia della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli.

Già dalla fine del mese di febbraio era pervenuta una comunicazione nella quale si richiedeva l’adozione di misure precauzionali in funzione della prevenzione dal contagio dal virus Covid-19, seppure nel Paese centroasiatico martoriato dalla guerra i livelli di contagio non abbiano raggiunto quelli registrati in Cina o in Italia.

In ogni caso il diffondersi dei primi casi di coronavirus a Kabul ha indotto la Farnesina a chiudere il compound e lunedì 23 marzo è stata celebrata l’ultima messa, funzione religiosa alla quale hanno partecipato alcune suore.

In effetti, la partecipazione dei fedeli alla messa domenicale si era già ridotta notevolmente nelle ultime settimane, indice del fatto che parte del personale corpo diplomatico aveva fatto rientro in patria.

Il sacerdote barnabita continuerà comunque a celebrare le messe in forma privata, anche se non potrà farlo durante la settimana santa, poiché quei particolari riti richiedono la partecipazione di alcuni ministri di culto.

Al giorno 27 marzo i contagiati registrati in Afghanistan erano ottanta, tra di essi figuravano due diplomatici e quattro militari italiani, ma nel Paese continua a regnare un clima di incertezza politica, mentre le strutture sanitarie locali sono inadeguate a fronteggiare un’emergenza del genere.

La cappella era stata stabilita nel 1921, quando Italia e Afghanistan si accordarono per lo scambio di missioni diplomatiche permanenti. Nell’accordo stipulato tra i due regni figurava anche la possibilità di ospitare un cappellano cattolico nell’allora legazione italiana a Kabul.

Si trattò di un gesto di gratitudine di re Amanullah conseguente al riconoscimento formale dell’indipendenza dell’Afghanistan. In Occidente l’Italia fu la prima a farlo e, sempre per la prima volta, un governo musulmano autorizzò una presenza cattolica in quella zona dai tempi della conquista araba della Persia e dell’Asia centrale, risalente al VII secolo.

La cappella venne affidata da papa Pio XI a un padre barnabita, Egidio Caspani, che giunse a Kabul il pomeriggio del Natale 1932. La prima Messa venne poi celebrata il primo gennaio 1933.

L’attuale edificio risale invece al dicembre 1960, data del termine dei lavori della sua costruzione, consacrato il giorno 18 di quello stesso mese alla presenza dell’arcivescovo Vittore Ugo Righi, nunzio apostolico a Teheran.

La missione cattolica non è mai stata espulsa, nonostante l’Afghanistan nel corso di quest’ultimo secolo abbia subito vari stravolgimenti politici: dalla monarchia alla repubblica, dalla presenza sovietica alla guerra civile, fino all’attuale Stato, istituito nel 2002 dopo la sconfitta militare del preesistente Emirato islamico di Afghanistan governato dai talebani.

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