CULTURA, Trieste. Dorfles, critico d’arte e pittore.

Un secolo di cultura nella città giuliana attraverso le testimonianze lasciate dal critico e artista giuliano; il prossimo 15 aprile presso la Biblioteca statale Stelio Crise avrà luogo la presentazione della catalogo della mostra “Il segno rivelatore di Gillo”

A centodieci anni dalla nascita di Gillo Dorfles è uscito in questi giorni il catalogo della mostra artistico-documentaria “Il segno rivelatore di Gillo”, allestita presso la Biblioteca statale Stelio Crise di Trieste ma chiusa anticipatamente a causa della sopravvenuta emergenza sanitaria Covid-19.

La pubblicazione – come la mostra ideata e curata da Marianna Accerboni sotto l’egida dell’Associazione culturale Gillo Dorfles e che verrà presentata il 15 aprile – viene realizzata grazie al contributo della Fondazione CRTrieste.

In essa sarà possibile prendere visione di testi, opere e documenti del critico d’arte e pittore giuliano, tra cui molti inediti.

La pubblicazione, specchio della rassegna, intende anche proporre anche un testo critico della curatrice, un ritratto inedito nel quale Dorfles viene ricordato sia come uomo che come artista poliedrico e originale, sottolineando la sua propensione al disegno, tra i fondamenti della sua creatività.

Nel catalogo viene ripercorsa nel dettaglio la frequentazione del critico della Cedar Tavern locale del Greenwich Village a New York, dove assieme al gallerista triestino Leo Castelli, suo grande amico di gioventù, si ritrovava con scrittori e artisti dell’avanguardia.

Un altro riferimento culturale che compare è il Black Mountain College della Carolina del Nord, importante incubatore della sperimentazione americana ed europea espressa tra il 1933 e il 1957 anche attraverso il concetto innovatore dell’interdisciplinarietà delle arti, cui si rifecero tra gli altri, compositori del calibro di John Cage, pittori come Robert Rauschenberg e coreografi rivoluzionari come Merce Cunningham.

Segue un’intervista inedita fatta dalla nipote di Dorfles, Giorgetta, allo zio, nella quale vengono ripercorse la vita e le esperienze intellettuali e artistiche che condussero gradualmente l’artista alla creazione del proprio linguaggio filosofico e pittorico.

Al riguardo va fatta menzione particolare del suo interesse per le teorie di Rudolf Steiner, padre dell’antroposofia, che Dorfles condivideva con la madre, nonché l’influenza di queste sulla sua arte.

Inoltre l’attività pittorica e la creazione negli anni Quaranta delle prime ceramiche nella sua proprietà di Lajatico nel Volterrano, luogo dove si era rifugiato con la famiglia durante la guerra, per non tralasciare le motivazioni e il significato della laurea in medicina con specializzazione in psichiatria, la sua esperienza nell’ambiente manicomiale di Trieste e il rapporto tra arte e psichiatria.

Nel corso degli studi preparatori per la mostra e il catalogo sono per altro venuti alla luce nuovi documenti, quale il libretto in versi intitolato “Le laudi tergestine, elogio poetico di sessanta personalità del gran mondo triestino”.

In queste pagine, l’autore (che si firma Cirillo Menapio, pseudonimo di Piero Lustig) dedicò un sapido ritratto in rime al giovane Doerfles (come all’epoca si scriveva il suo nome), che già allora si palesava sospeso tra profondità di pensiero e un pizzico di mondanità.

Per inciso, Lustig fu marito della pittrice praghese Felicita Frai e grande amico di Leonor Fini e del Dorfles stesso, nonché pittore di una certo livello, del quale Gillo si occupò sul piano critico.

Le rime dedicate da Lustig all’amico Dorfles introducono al mondo scanzonato ma colto della Trieste fra gli anni Venti e Trenta, nella quale il giovane Gillo si era formato a contatto con personaggi quali Svevo, Saba, Leo Castelli, la stessa Fini e Bobi Bazlen.

Nelle rime di Menapio/Lustig s’intravvedono già le poliedriche attitudini di Gillo, testimoniate in catalogo da quattro sezioni: disegno, design, documenti e foto rari e/o inediti, artisti del Friuli Venezia Giulia dei quali si era occupato.

La sezione dedicata al disegno propone una ventina di bozzetti inediti di animali e personaggi fantastici realizzati alla metà degli anni Cinquanta per i nipoti Piero e Giorgetta e, in una sorta di antologica, l’evoluzione dagli anni Trenta al 2016 del suo segno, declinato in bianco e nero o percorso da un cromatismo originale e acceso; una seconda sezione ci parla del suo raffinato design per tessuti, tappeti, arazzi, manifesti pubblicitari e servizi da caffè.

Oltre a questi, il libro pubblica mosaici, etichette per vini e un gioiello, disegnati da Dorfles e mai esposti.

Inediti emersi, insieme ad altri, nel corso della preparazione della rassegna avvenuta nella casa studio milanese del grande intellettuale artista, da cui proviene la maggior parte delle opere e dei materiali in mostra, attualmente sede dell’associazione a lui dedicata.

In catalogo è presente anche una selezione dei documenti esposti in mostra, tra cui molti inediti: tra questi, una delle cinque lettere scritte nel 1920, 1928 e 1930 a Gillo (esposte in mostra) dall’amico pittore Arturo Nathan; una di queste, molto “accesa”, della figlia di Svevo (Letizia Fonda Savio) e della zia materna di lei e cognata di Svevo (Dora Oberti di Valnera Veneziani), al direttore de “La Lettura del Corriere d’Informazione”, scandalizzate perché Dorfles in un articolo pubblicato nel 1946 aveva appellato – tra altre osservazioni poco simpatiche – la Villa Veneziani, dove Svevo visse con la famiglia della moglie Livia, come il «patibolo borghese» dello scrittore.

Compaiono anche due edizioni del giornale “L’Italia letteraria” del 1930 con la pubblicazione dei primi articoli di critica di un Dorfles appena ventenne, su uno dei quali  è vergato un suo appunto autografo diretto a Nathan: «Che gliene pare della mia critica?» e poi, tra gli altri, un testo originale battuto a macchina, corretto a mano e firmato, intitolato “Le mode e le patrie” del 1979.

In esso riflette sulla moda austriaca e italiana e sull’eleganza americana, blue jeans inclusi.

Anche le foto inedite testimoniano una vita d’eccezione, svolta a livello internazionale. Lo ritraggono accanto, tra gli altri, al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano mentre riceve un’onorificenza, con il gallerista Leo Castelli, con Luigi Einaudi e con il tenore Andrea Bocelli.

La quarta sezione, infine, sottolinea il suo legame con l’arte della sua città, Trieste, e della regione Friuli Venezia Giulia, attraverso l’esposizione delle opere di oltre una decina di pittori e scultori, dei quali Dorfles si era occupato.

Tra questi figurano Leonor Fini, Arturo Nathan e Getullio Alviani; all’opera di ogni autore un suo testo critico vi è affiancato un testo critico.

 Il segno rivelatore di Gillo

dove: Biblioteca statale Stelio Crise, Largo Papa Giovanni XXIII 6 Trieste;

presentazione del catalogo: 15 aprile 2020 alle ore 17:00;

curatrice: Marianna Accerboni;

info: Biblioteca statale Stelio Crise, telefono 040 307463;

ufficio stampa: 335 6750946, mostrailsegnorivelatoredigillo@gmail.com

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