DROGA, stretta penale. La titolare del Viminale lavora a un progetto di legge assieme al ministro della Giustizia Bonafede

Lamorgese: «Arresto e carcere per gli spacciatori recidivi anche con piccole quantità. Rilascio dopo un giorno è frustrante». Al riguardo, le opinioni dei sindacati di polizia, di Magistratura democratica e della radicale Rita Bernardini

Il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese la prossima introduzione di nuove misure in funzione di contrasto dello spaccio di sostanze stupefacenti.

Lo ha annunciato la titolare del dicastero del Viminale in occasione della riunione del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza da lei stessa presieduto che ha avuto luogo nella prefettura di Ancona.

Si tratta di un progetto di legge allo studio anche del guardasigilli Alfonso Bonafede, che prevedrebbe l’arresto immediato e la detenzione in carcere per gli spacciatori recidivi trovati in possesso anche di piccole quantità di droga.

Una stretta in materia di contrasto allo spaccio di sostanze stupefacenti predisposta – secondo quanto dichiarato dalla stessa Lamorgese – «allo scopo di  superare l’attuale disposizione dell’articolo 73 comma 5, che non prevede l’arresto immediato per i casi di spaccio di droga, perché è frustrante anche per le forze di polizia ritrovare una persona fermata poche ore prima tornare il giorno successivo a vendere la propria merce nello stesso posto in cui è stata sorpresa».

La norma, se e quando entrerà in vigore, verrà applicata nei confronti degli spacciatori recidivi, ovvero di quelli condannati con sentenza definitiva.

«Abbiamo fatto un tavolo di lavoro con il Ministero della Giustizia – ha aggiunto il ministro dell’Interno – e abbiamo trovato una soluzione che convince sia noi che la Giustizia, dando la possibilità di arrestare immediatamente con la custodia in carcere coloro che si macchiano di questo reato. È stato rilevato il fatto che arrestare, senza custodia in carcere e il giorno dopo vedere nello stesso angolo di strada lo spacciatore preso il giorno prima, incide anche sulla demotivazione del personale di polizia che tanto si impegna su questo versante e vede la propria attività essere posta nel nulla quando il giorno dopo li ritroviamo nello stesso posto».

La modifica della normativa in materia di stupefacenti interverrebbe appunto sui commi 5 e 5 bis dell’articolo 73 del Testo unico sulle droghe del 1990, che prevede per i reati di spaccio la cosiddetta «lieve entità», che consente al reo il beneficio della sospensione condizionale della pena – reclusione da sei mesi a quattro anni e della multa da 1.032 a 10.329 euro – nonché all’alternativa alla detenzione consistente in un lavoro di pubblica utilità.

Elevando la pena edittale minima ai recidivi si renderà per loro certo l’arresto, una misura che vede favorevoli alcuni operatori della sicurezza.

Come gli appartenenti all’Associazione nazionale funzionari polizia, che per bocca del loro portavoce, Girolamo Lacquaniti, hanno espresso soddisfazione.

«Le attività di spaccio al minuto – ha affermato quest’ultimo – sono ormai caratterizzate da venditori di morte che, approfittando dell’attuale normativa, sono in possesso di quantitativi ridotti proprio per evitare il carcere. Da sempre insistiamo sulla necessità di avere un sistema che garantisca l’effettività della sanzione e nel caso specifico dello spaccio questa necessità si è oggi trasformata in una urgenza assoluta. L’impegno ed il lavoro svolto quotidianamente dagli appartenenti alle forze di polizia nelle piazze dello spaccio di tutti i centri urbani è infatti oggi mortificato dalla impossibilità, di fatto, di applicare misure limitative della libertà personale nei confronti di soggetti sorpresi in flagranza di reato di cessione di stupefacenti e regolarmente rilasciati dopo meno di quarantotto ore».

Sulla stessa posizione il segretario generale dell’Fsp Polizia di Stato Valter Mazzetti, che ha definito l’iniziativa del ministro dell’Interno «assolutamente necessaria, poiché il sistema attualmente è debole e vanifica il lavoro delle Forze dell’ordine».

Il dirigente dell’organizzazione sindacale del comparto sicurezza ha poi aggiunto che: «La novità normativa annunciata ieri dal ministro in tema di contrasto allo spaccio di stupefacenti è assolutamente necessaria, dunque non solo accogliamo con grande favore una proposta che invocavamo da tempo, ma speriamo che essa giunga in tempi brevissimi. Si tratterebbe, in verità, di un primo passo verso il perseguimento di una coerenza e di una concretezza di cui il sistema sicurezza e giustizia hanno assolutamente bisogno. Perché allo stato, inutile negarlo, esiste una sorta di corto-circuito favorito da “norme-scappatoia” che, di fatto, vanificano molto del lavoro svolto con abnegazione da migliaia di appartenenti alla Polizia di Stato e a tutte le altre Forze dell’ordine».

«Lo spacciatore di strada – ha concluso Mazzetti – è definito a torto “piccolo” e il reato che commette “di lieve entità”, perché egli rappresenta sempre e comunque il tramite finale fra chi gestisce il narcotraffico e l’utenza, ed è colui che consente la drammatica capillare diffusione degli stupefacenti sul territorio. Che spesso proprio questo tipo di criminali non venga concretamente messo in condizione di non nuocere, né venga realmente e severamente punito sul piano giudiziario, è solo uno dei tanti casi di incoerenza di un sistema che, non riuscendo a garantire la certezza della pena, né a dare seguito all’attività che lo Stato con le sue leggi richiede alle Forze di Polizia, manifesta tutta la propria debolezza».

Di parere diametralmente opposto invece l’esecutivo nazionale di Magistratura democratica, che in un proprio comunicato stampa diffuso nella giornata di ieri ha tenuto a precisare che: «Prevedere la custodia cautelare per i piccoli spacciatori in non meglio precisate ipotesi di recidiva, significa, ancora una volta, ignorare l’inutilità della risposta carceraria a questo problema».

Sempre nella giornata di ieri, nel corso di un’intervista rilasciata a Radio Radicale il presidente del citato sindacato dei magistrati, dottor Riccardo De Vito, ha sottolineato che: «Possiamo al momento dire che le notizie che apprendiamo dalla stampa sono del tutto generiche, ma destano preoccupazione, perché non crediamo che il carcere possa essere una risposta a questo tipo di problema. Pur non cancellando l’urgenza della problematica.

Non lo crediamo perché aumentare ulteriormente la custodia cautelare in carcere per queste tipologie di reati significherebbe riempire ulteriormente le carceri, che già stanno per esplodere.

Al 31 gennaio 2020 abbiamo circa 60.900 detenuti, questo a fronte di una capienza regolamentare di 50.600 posti, con una popolazione tossicodipendente detenuta pari al 25% del totale e circa il 30% di detenuti per reati connessi alla violazione della legge in materia di droga.

Ma questa forte repressione penale e carceraria del fenomeno della detenzione illecita e dello spaccio di sostanze stupefacenti non ha tuttavia eliminato il problema della droga dalle piazze.

Questo vuol dire semplicemente che – come preso atto dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite dedicata al problema delle droghe nel 2016 e anche dal Procuratore nazionale antimafia, che al riguardo rese specifiche dichiarazioni al Senato nel 2017 –  la strategia della War on drugs, della repressione penale della cessione di sostanze stupefacenti, non è una strategia vincente, ma è puramente utopistica che contribuisce a generare condotte recidivanti.

La strada da percorrere sarebbe quella della prevenzione, dell’informazione, della tutela della salute dei tossicodipendenti e, crediamo anche, di favorire forme di legalizzazione, ovviamente controllata e omogenea a livello di spazio europeo, delle droghe leggere.

Unica strada per sottrarre spazi di mercato alla criminalità organizzata che riempie le piazze e sfrutta i piccoli spacciatori, per evitare che l’approccio di strada sia l’unico approccio alle sostanze stupefacenti, perché è quello più pericoloso, e per combattere i danni arrecati dalle sostanze stupefacenti e non tanto la sostanza in sé».

Sull’argomento, ai microfoni di Radio Radicale è intervenuta anche Rita Bernardini, membro del consiglio generale del Partito Radicale. È possibile ascoltare la sua intervista sia sul sito web dell’emittente della Lista Marco Pannella che, di seguito, fleggando il relativo Item su questa stessa pagina.

Di seguito è possibile ascoltare l’audio integrale dell’intervista concessa sull’argomento da Rita Bernardini, membro del Consiglio Generale del Partito Radicale, alla giornalista di Radio Radicale Giovanna Reanda (insidertrend.it A223)

A223 – DROGA, STRETTA PENALE DEL MINISTRO LAMORGESE: ARRESTO E CARCERE PER GLI SPACCIATORI RECIDIVI ANCHE CON PICCOLE QUANTITÀ. Il progetto di legge al quale stanno lavorando la titolare del Ministero dell’Interno Luciana Lamorgese e quello della Giustizia Alfonso Bonafede.
I presupposti e i limiti di un indirizzo rivelatosi nel tempo fallimentare analizzati da RITA BERNARDINI, membro del Consiglio Generale del Partito Radicale, in una intervista rilasciata alla giornalista di Radio Radicale GIOVANNA REANDA.
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