CRIMINALITÀ, patrimoni. Bilancio quinquennale della Guardia di Finanza: 18 miliardi sequestrati

Rimarcata l’importanza dell’aggressione ai patrimoni accumulati mediante attività illecite. Beni e denaro posti «sotto assedio» dall’azione della polizia economico-finanziaria del Corpo

Diciotto miliardi di euro sequestrati alla criminalità, pari a oltre l’1% del prodotto interno lordo nazionale, a tanto ammonta il valore di beni mobili e immobili (circa undici miliardi di euro) e delle confische (sette miliardi di euro) eseguiti negli ultimi cinque anni dai vari reparti della Guardia di Finanza.

A essere colpita è stata la criminalità economico-finanziaria. In questo senso risalta soprattutto il dato relativo alle confische, poiché esso si configura come una vera e propria sottrazione definitiva di risorse alle mafie e acquisite allo Stato.

Si tratta del frutto di oltre diecimila accertamenti (in termini statistici in media 5,5 al giorno) e di una serie di investigazioni patrimoniali nei confronti di 55.000 soggetti, cioè per fare un esempio, il medesimo numero di persone che abitano una città delle dimensioni di Avellino, Sanremo o Anzio.

Del resto l’aggressione patrimoniale – cioè quel complesso di attività che consentono di privare l’organizzazione criminale delle energie necessarie al suo sostentamento, di alimentarsi, e dunque di sopravvivere – costituisce da sempre il tratto distintivo dell’azione del Corpo, che, negli anni è stato in grado di potenziare e affinare le proprie capacità di intercettare gli interessi imprenditoriali, economici e finanziari del crimine, non soltanto organizzato, ma anche nella sua più evoluta vesti tecnologizzate e transnazionali.

Al riguardo, nella nota diffusa dal Comando generale del Corpo nella giornata di ieri si fa riferimento a un approccio investigativo «figlio di una cultura ispettiva formatasi a partire dal 1921 – anno di istituzione della Polizia tributaria investigativa – e, tuttora quotidianamente messa a frutto, nell’ambito dei procedimenti di prevenzione avviati nei confronti di soggetti pericolosi cosiddetti qualificati – cioè indiziati di gravissimi reati – e di quelli socialmente pericolosi, oppure nel corso delle indagini antiriciclaggio, orientate sempre più a individuare casi di investimento o reimpiego nei beni rifugio come diamanti, metalli preziosi, quadri e reperti archeologici».

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