EGITTO, Striscia di Gaza. La Jihad islamica a colloquio con i mukhabarat di al-Sisi

La visita al Cairo di una delegazione guidata da Ziad al-Nakhala ha portato alla liberazione di alcuni militanti palestinesi precedentemente arrestati dalle autorità egiziane: le possibili contropartite

Il mese scorso una delegazione della Jihad Islamica proveniente dalla Striscia di Gaza e guidata dal suo leader, Ziad al-Nakhala, si è recata in visita per quattro giorni nella capitale egiziana.

Nel corso di essi hanno avuto luogo incontri tra gli esponenti islamisti palestinesi e funzionari dei servizi segreti egiziani, nel corso dei quali sono stati affrontati gli ultimi sviluppi della situazione nei Territori.

Raggiunto anche un accordo sul rilascio di circa quaranta giovani militanti palestinesi vicini all’organizzazione filo-iraniana che in precedenza erano stati fermati dalle autorità di sicurezza del Cairo con l’accusa di avere sostenuto o pianificato le manifestazioni di protesta contro il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi del 20 settembre scorso.

Prima di questa visita, nel mese di ottobre la Jihad Islamica aveva pubblicato un documento nel quale si annunciava il prossimo viaggio di una propria delegazione in Egitto, un viaggio finalizzato all’analisi degli ultimi sviluppi della situazione palestinese e al rafforzamento dei legami reciproci.

Questo riavvicinamento seguiva dappresso un incremento della tensione nei rapporti causata dagli arresti dei quaranta militanti palestinesi entrati in Egitto dal valico di Rafah e accusati di fomentare la protesta in Egitto.

Il vertice della Jihad islamica aveva quindi rivolto ufficialmente al Cairo la richiesta di uno dei suoi membri arrestati dai mukhabarat di al-Sisi in quanto – secondo l’intelligence egiziana – inviato da Gaza al precipuo scopo di sostenere le manifestazioni di protesta in piazza Tahrir.

Da parte egiziana erano poi seguiti i rilasci, frazionati in aliquote, di una settantina di militanti palestinesi, questo soltanto dopo che la leadership della Jihad e i servizi segreti del Cairo avevano ripreso a dialogare.

Secondo fonti riconducibili all’organizzazione armata palestinese, al Cairo avrebbe avuto luogo un lungo incontro durante il quale sarebbero stati discussi diversi importanti argomenti all’ordine del giorni, tra i quali la questione aperta dei palestinesi provenienti dalla Striscia di Gaza fermati all’aeroporto della capitale egiziana mentre erano in procinto di imbarcarsi alla volta di altri Paesi mediorientali. Nella medesima occasione sarebbero state affrontate anche le questioni relative alla tregua concordata da Hamas con Israele e dei prigionieri attualmente in sciopero della fame nelle prigioni dello Stato ebraico.

Il successivo rilascio dei palestinesi fermati all’aeroporto, oltreché di altri che si trovavano detenuti in Egitto, ha rappresentato un eloquente segnale di apertura da parte del Cairo, questo in vista sia della creazione di migliori condizioni nelle quali proseguire la mediazione tra i palestinesi di Gaza e gli israeliani, sia del mantenimento di un sufficiente livello di sicurezza e stabilità in Egitto.

Questa intesa sancisce anche il riconoscimento di un’indefettibile interlocutore, la Jihad islamica appunto, poiché di essa il Cairo dovrà necessariamente tenere conto, pena l’insorgere di tensioni che influirebbero negativamente sull’azione egiziana di mediazione nella Striscia di Gaza.

L’Egitto, in passato paese-guida nel mondo arabo e, ha sempre svolto un ruolo chiave nella mediazione con Israele, mantenendo allo scopo strette relazioni con le fazioni palestinesi, soprattutto nella Striscia di Gaza, che un tempo controllava addirittura militarmente.

Tuttavia, mentre l’attuale politica di Hamas non crea eccessivi problemi al Cairo, il movimento della Jihad Islamica – in particolare alcune sue componenti apparentemente fuori controllo – è invece fonte di notevoli preoccupazioni.

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