LIBIA, guerra e petrolio. Le dinamiche di potere delle fazioni parallele ai combattimenti sul campo

Mentre Haftar annuncia per l’ennesima volta la «battaglia finale» che darà la spallata alle tartassate e vacillanti forze del suo nemico al-Serraj, cinque Paesi occidentali con le mani in pasta nella macelleria libica diffondono congiuntamente agli Emirati Arabi Uniti un sibillino comunicato di pieno sostegno alla Noc, la compagnia petrolifera dello Stato nordafricano

Ieri il comando generale del sedicente Esercito nazionale libico (LNA), guidato dal generale Khalifa Haftar, ha dichiarato mediante un suo comunicato ufficiale che «tutte le sue forze di terra, navali e aeree stavano partecipando a un grande attacco contro le milizie nemiche nei pressi di Tripoli».

Nella stessa nota diffusa dalla stampa, veniva poi fatta richiesta alla popolazione residente nei luoghi interessati dai combattimenti di «allontanarsi dalle zone degli scontri e dai siti in cui si trovavano le milizie, poiché erano in atto bombardamenti contro il campo di Al Yarmouk e contro i concentramenti delle milizie presso la capitale».

Malgrado tutte queste continue roboanti dichiarazioni – alle quali fanno da contraltare le notizie diffuse dal governo libico internazionalmente riconosciuto dall’Onu – la situazione sul campo parrebbe essere cristallizzata in uno stallo.

Le forze di Haftar, seppure controllino non poche porzioni di territorio a ridosso e all’interno della capitale, bloccando anche frequentemente decolli e atterraggi all’aeroporto di Misurata, però inspiegabilmente non sfondano il fronte.

Il generale non riesce a conquistare la capitale, ma al di fuori di essa controlla praticamente tutto il territorio circostante.

C’è da chiedersi quali possano essere le cause alla base di questa situazione: le truppe dell’Esercito nazionale libico non danno la tanto annunciata spallata a Fayez al-Serraj e ai suoi alleati perché non sono in grado di farlo per loro carenze di natura militare, oppure perché qualcuno più potente di loro le sta trattenendo dal farlo?

Ma, se sul campo di battaglia è stallo, non lo è però al livello degli interessi politico-economici. Infatti, ieri sera è stato diramato alla stampa internazionale uno strano comunicato, una dichiarazione congiunta il cui sibillino significato si presterebbe a diverse interpretazioni. Esso recitava così:

«Per la stabilità politica ed economica del Paese nordafricano e per il benessere di tutti i suoi cittadini, sosteniamo in via esclusiva la National Oil Corporation e il suo ruolo cruciale a favore di tutti i libici».

Autori ne sono gli Emirati Arabi Uniti (cioè una monarchia del Golfo Persico negli ultimi anni coinvolta nelle dinamiche libiche) e i capi missione di Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia e Stati Uniti d’America.

Che genere di segnale si è voluto lanciare e a chi?

La dichiarazione congiunta si configura nelle forme di una manifestazione di interessi espressa con la riaffermazione verbale della pienezza del ruolo svolto dalla compagnia petrolifera di stato libica.

Un intervento ufficiale, le cui ragioni andrebbero ricondotte agli ultimi sviluppi verificatisi negli equilibri del potere di controllo della filiera  energetica. Nello specifico caso con riguardo alla distribuzione interna dei prodotti raffinati.

Alcuni giorni fa il governo a interim insediato a Tripoli, mediante una propria risoluzione aveva scorporato una branch della National Oil Corporation (NOC), la Brega Petroleum Marketing Company (BPMC), cioè la società controllata presieduta da Imad Ben Koura che a sua volta alimenta le società preposte alla commercializzazione dei prodotti in Libia attraverso la rete di stazioni di servizio presenti in tutto il paese, la Highway Services Company, la Sharara Oil Services e la Alrahila Oil Services e Oiliby.

Le società di distribuzione del carburante, che operano a valle dell’estrazione e della raffinazione, costituiscono una componente vitale delle compagnie petrolifere, in quanto non sono esclusivamente rifornitrici di benzina e gasolio, bensì anche di bunker per le navi, propellente per i velivoli e altri prodotti.

Quindi, con il colpo di mano del gruppo di vertice raccolto attorno al presidente al-Serraj, che deliberando la costituzione di un consiglio di amministrazione della BPMC parallelo a quello in carica, si è inteso ridimensionare i poteri di controllo del vertice del gruppo petrolifero facente capo al presidente della NOC, l’ingegnerMustafa Sanalla: “NOC and BPMC are committed to ensuring continuous delivery of fuel across the country, for all Libyans, at official prices. Mustafa Sanalla, ritenuto non più in linea con il governo di Tripoli.

Una mossa che ha successivamente provocato l’intervento dei Paesi occidentali e degli emiratini.

Una ipotesi che vede concorde anche un diretto osservatore delle dinamiche in atto in Libia, il presidente di Federpetroli Italia Michele Marsiglia, che interpellato da insidertrend.it ha dichiarato che «la vicenda assumerebbe tutti i contorni di un’operazione dalla marcata valenza politica, in quanto tesa a sottrarre al board della NOC le sue capacità strategiche, probabilmente perché al-Serraj si stava rendendo conto dell’allontanamento del vertice della compagnia petrolifera di stato dalle posizioni del governo di Tripoli».

Tripoli avrebbe dunque cercato di contrastare le decisioni strategiche assunte (o in procinto di essere assunte) dal vertice della NOC.

In Libia – al pari di altri paesi della regione mediorientale – il potere politico e commerciale è incentrato quasi esclusivamente sulle materie prime energetiche, di risulta, una volta sottratto il controllo sulla distribuzione dei prodotti (quindi anche degli introiti derivanti dalla commercializzazione di essi) al vertice della compagnia di stato, si è diviene in grado di condizionarne le scelte, in primo luogo quelle relative al posizionamento politico e all’erogazione di finanziamenti alle parti in lotta.

Che importanza attribuire allora a questa vicenda? Se si fosse trattato di un episodio destabilizzante, con ogni probabilità i mercati internazionali avrebbero reagito diversamente, invece sulle diverse piazze finanziarie non sono state registrate variazioni sensibili nei prezzi petroliferi.

Sebbene il comunicato congiunto fosse alquanto sibillino, il segnale lanciato attraverso di esso risulta comunque chiaramente leggibile, poiché ha rimarcato che per i suoi sottoscrittori la NOC rappresenta sempre il “baricentro” del sistema energetico libico, conseguentemente deve risultare chiaro che qualsiasi operazione tesa a “fare il vuoto” attorno a Sanalla (come privarlo del suo braccio commerciale) non è gradita.

Tuttavia un passaggio non appare del tutto chiaro, cosa possa significare nel contesto libico attuale «fornire pieno sostegno» alla NOC. In quali termini.

Un aspetto che potrebbe venire chiarito dal nuovo inquilino della Farnesina, il ministro degli Affari Esteri Luigi Di Maio, che oggi da New York, alla vigilia della seduta dell’Onu, ha dichiarato che la stabilizzazione della Libia e della regione mediterranea rientra fra le priorità del governo italiano, in particolare del suo dicastero.

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