AFRICA, tensioni. Violenze in Sudafrica e ripercussioni in Nigeria

L’escalation alimentata da fake news diffuse tramite i social network e i media. I disordini di Johannesburg si sono propagati dapprima ad Abuja e Lagos, quindi in Kenya e Mozambico. L’appello alla calma lanciato dal presidente sudafricano Cyril Ramaphosa

In Nigeria l’escalation è iniziata domenica scorsa, quando i media locali hanno diffuso la notizia che i sudafricani avevano saccheggiato e distrutto decine di negozi di proprietà di cittadini stranieri nella città di Johannesburg.

Il Sudafrica è afflitto da un’economia stagnante e da un tasso di disoccupazione giovanile molto elevato. Tuttavia, è ancora un’attrazione per i migranti provenienti dagli altri Paesi africani, dato che la dimensione della sua economia promette più opportunità di lavoro dignitoso di quanto si possa trovare altrove.

L’Onu afferma che quattro milioni di cittadini stranieri vivono attualmente in Sudafrica, generando l’intolleranza della popolazione locale che li ritiene causa della mancanza di lavoro. Un pregiudizio che ha poi portato anche all’esplosione della violenza.

Una problematica non nuova, infatti la si registra da molti anni, ma stavolta è degenerata trasformandosi in violenza. In un’epoca di social media non c’è voluto molto ad alimentare l’odio, che in breve ha raggiunto la Nigeria contaminandola.

La Nigeria, sovrappopolato paese che ha visto emigrare decine di migliaia di suoi figli in Sud Africa. Adesso sui social e nei media compaiono nigeriani che affermano di rappresentare connazionali attaccati e uccisi. Persone che hanno iniziato a praticare la violenza etnica.

Gran parte di questo materiale propagandistico è falso, oppure si tratta di materiali vecchi che sono stati fatti passare come nuovi, un’operazione altamente efficace, poiché parte dei nigeriani ha reagito. I manifestanti hanno preteso la chiusura dei negozi e delle filiali di società sudafricane attive in Nigeria, una decisione che se davvero presa provocherebbe gravi danni di natura economica a entrambi i paesi.

Le autorità hanno cercato di riportare la situazione alla calma facendo chiarezza, ma è difficile quando la miccia nella polveriera viene accesa.

Martedì scorso, ad esempio, il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa ha affermato che «non ci può essere giustificazione alcuna per nessun cittadino sudafricano se attacca persone provenienti da altri paesi», ma il suo governo ha dovuto egualmente chiudere le proprie missioni diplomatiche nelle città nigeriane di Abuja e Lagos dopo le minacce ricevute dal personale che vi lavorava.

Non solo, poiché le violenze perpetrate in Sudafrica hanno alimentato le tensioni anche in Kenya, Mozambico e in altri Paesi della regione.

Per il futuro, quindi, non è difficile immaginare quanto questa confluenza di fattori d’odio possano scatenare conflitti persino molto al di là dell’Africa, in altre parti del mondo che oggi si sentono lontane dai fuochi e dai morti dei disordini e quindi pensano di esserne immuni.

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