ISRAELE, boicottaggio. Contrordine! Salta tutto: Laab e Omar non si recheranno più in Cisgiordania poiché verrebbero loro imposti «termini umilianti e oppressivi»

Rashida Laab, parlamentare Usa di origini palestinesi, aveva chiesto di visitare la sua famiglia presso Ramallah. Il ministro dell’Interno israeliano Aryeh Deri aveva concesso l’autorizzazione purché rispettasse le restrizioni in vigore nel West Bank e si astenesse dal promuovere il boicottaggio dello Stato ebraico durante il suo soggiorno con la collega Ilhan Omar. Adesso la Laab ha cambiato idea e ha rinunciato al viaggio: pressioni dei gruppi palestinesi?

Il Ministero dell’Interno israeliano aveva concesso alla parlamentare democratica statunitense Rashida Tlaib l’autorizzazione necessaria per recarsi  in Cisgiordania, dove risiedono i suoi parenti.

Il dicastero, al cui vertice è Aryeh Deri – esponente di spicco del partito religioso ebraico Shas – aveva mutato orientamento riguardo alla richiesta di ingresso rivolta dalle due parlamentari americane elette alla Camera dei Rappresentanti, la Tlaib, appunto, e la sua collega Ilhan Omar, cittadina statunitense di origini somale.

L’istanza – alla cui base secondo le richiedenti risiedevano «motivi umanitari» – era stata accolta alcune ore dopo che la Tlaib aveva indirizzato un’accorata lettera al ministro dell’Interno, nella quale chiedeva una deroga al divieto in modo da consentirle di visitare la sua anziana nonna residente nel villaggio palestinese di Beit Ur al-Fouqa, presso Ramallah.

A questo punto, già nella giornata di ieri erano iniziate a circolare incoraggianti voci di corridoio relative al probabile accoglimento dell’istanza, dato che da Kaplan street era filtrata la notizia che si era presa in considerazione la possibilità di concedere il visto alla Tlaib.

La parlamentare statunitense aveva fornito le necessarie garanzie allo Stato ebraico, «questa potrebbe essere la mia ultima occasione per vederla – aveva scritto nella lettera indirizzata ad Aryeh Deri -, dunque rispetterò tutte le restrizioni previste e non promuoverò boicottaggi contro Israele durante la mia visita».

In un comunicato emesso dal suo Ufficio, il ministro dell’Interno aveva quindi reso noto di consentirne l’ingresso entrare nel Paese sulla base degli impegni che la rappresentante al Congresso aveva assunto per lettera.

«Il ministro – concludeva infatti la nota ufficiale – ha espresso la speranza che Rashida Tlaib mantenga le sue promesse e che la visita sia esclusivamente motivata da esigenze umanitarie».

In precedenza (nel mese di luglio), fonti dello Stato ebraico avevano annunciato che  sia alla Omar che alla Tlaib sarebbe stato concesso il visto di visitatore, questo nonostante una legge varata nel 2017 vieti l’ingresso nel Paese ai cittadini stranieri che abbiano lanciato appelli pubblici per il boicottaggio di Israele.

Tuttavia ieri, poco dopo che il presidente americano Donald Trump aveva twittato che «permettere loro di entrare (in Israele) avrebbe mostrato grande debolezza», Gerusalemme aveva mutato completamente la propria decisione, ammonendo comunque con chiarezza che avrebbe severamente vietato qualsiasi sostegno al movimento palestinese espresso nelle forme del boicottaggio, del non investimento di capitali e delle sanzioni.

Dal canto suo, la Tlaib aveva poi elogiato il governo israeliano per questa apertura, dichiarando che, al contrario di quanto affermato da Trump, «un segno di debolezza per Israele sarebbe stato invece quello di impedirle di visitare la nonna novantenne in Cisgiordania, poiché – aveva infine concluso la parlamentare americana – la verità su ciò che sta accadendo ai palestinesi è spaventosa».

Adesso cambia tutto di nuovo, poiché secondo la Tlaib «Gerusalemme ha annunciato che avrebbe impedito a lei e alla collega Ilhan Omar di visitare la Cisgiordania in qualità di legislatori statunitensi».

Ella ha poi rincarato la dose di rancore, in un tweet ha postato una fotografia di sua nonna corredandola di un caustico commento nei confronti del governo di Gerusalemme: «Il permesso concesso per la visita in questi termini è umiliante», proseguendo quindi che non avrebbe dovuto «inchinarsi alle loro (israeliane) politiche oppressive e razziste».

«Zittirmi e trattarmi come una criminale – ha infine aggiunto – non è quello che [mia nonna] vorrebbe per me. Ucciderebbe un pezzo di me. Ho deciso che visitare mia nonna in queste condizioni oppressive è contro tutto ciò in cui credo, cioè la lotta contro il razzismo, l’oppressione e l’ingiustizia».

La risposta a questo annuncio non si è fatta attendere. Il ministro dell’Interno Deri ha a sua volta twittato (in lingua ebraica e, cosa per lui del tutto non usuale, inglese) che «a quanto pare [la sua richiesta] è stata una provocazione per far fare brutta figura a Israele. Il suo odio per Israele è più grande del suo amore per la nonna».

Perché questa volubilità? Cosa è successo nel frattempo?

Evidentemente la Tlaib, dopo avere reso nota la sua accettazione delle condizioni postele dallo Stato ebraico per il suo viaggio in Cisgiordania, ha dovuto affrontare le dure critiche rivoltele dai gruppi palestinesi, in quanto ella «si sarebbe arresa a Israele».

«Ciò che è veramente sconvolgente è che Rashida Tlaib sia potuta cadere in questa trappola e abbia accettato di umiliarsi», così, ad esempio, si è espresso su Twitter Nour Odeh, esponente della Ong palestinese Miftah, indicata tra gli sponsor  del viaggio di Taib e Omar a Gerusalemme e in Cisgiordania.

Egli ha inoltra aggiunto che: «Israele è l’oppressore e il suo atteggiamento razzista verso i palestinesi è una politica pianificata. Rashida avrebbe dovuto saperlo, avrebbe dovuto agire con più dignità e orgoglio».

 

Rashida Tlaib e Ilhan Omar sono due delle tre deputate statunitensi quali recentemente, in una delle sue consuete e rovinose gaffe di pessimo gusto, si è accanito con i toni propri dell’intolleranza razzista il presidente Donald Trump.

 

La Tlaib, nata a Detroit nel 1976, è una esponente del Partito Democratico che è stata eletta alla Camera dei Rappresentanti per lo Stato del Michigan.

È la prima donna di religione islamica a fare parte del Congresso degli Stati Uniti d’America.

Figlia di immigrati palestinesi negli Usa – il padre, nativo del quartiere gerosolimitano di Beit Hanina, ha lavorato come operaio presso la Ford Motor Company, mentre la madre ha visto la luce nel villaggio di Beit Ur al-Fouqa – si è diplomata alla Southwestern High School di Detroit nel 1994, ottenendo quattro anni dopo una laurea in scienze politiche presso la Wayne State University e un’altra in giurisprudenza alla Cooley Law School della Western Michigan University nel 2004.

Nel 2008 è stata eletta alla Camera dei Rappresentanti del Michigan. È la prima donna musulmana a sedere nella legislatura del Michigan e la seconda in una legislatura statale dell’Unione.

Avvocato impegnato con le associazioni che forniscono assistenza ai gruppi sociali svantaggiati, alla Camera dei Rappresentanti presiede il Comitato finanziario.

 

Ilhan Omar, la sua collega che avrebbe dovuto accompagnarla nel corso del viaggio in Palestina, è invece nata nel 1981 a Mogadiscio, in Somalia.

All’età di dieci anni, a seguito dello scoppio della cruenta e devastante guerra civile nel suo Paese, è fuggita insieme alla famiglia trovando rifugio in un campo profughi nel confinante Kenya, dove ha vissuto per quattro anni.

Nel 1995 la richiesta di asilo negli Usa è stata accettata, dunque si è trasferita assieme ai suoi parenti dapprima ad Arlington, in Virginia, successivamente a Minneapolis, in Minnesota.

Ottenuta nel 2000 la cittadinanza statunitense nel 2000, si è  iscritta al Partito Democratico.

Nel 2016 è stata candidata nelle sue liste e poi eletta alla Camera dei Rappresentanti dello Stato del Minnesota, prima donna di origini somale e musulmana che ha assunto una carica politica negli Usa.

Nel 2018 ha partecipato alle elezioni alla Camera dei Rappresentanti nel V Distretto congressuale del Minnesota, sconfiggendo nelle urne col 78% dei consensi l’avversaria repubblicana Jennifer Zielinski.

Insieme a Rashida Tlaib figura in assoluto tra le prime donne di religione islamica a essere eletta al Congresso degli Stati Uniti d’America.

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