MAURITANIA, elezioni presidenziali. Sostanziale continuità nel potere, favorito un generale dell’esercito

Un generale dell’esercito è dato per favorito e, a scrutinio delle schede elettorali in corso, avrebbe ottenuto poco più della maggioranza dei voti. Il Paese non è certamente in ottime condizioni, poiché molti sono i gravi problemi che affliggono il suo territorio e la sua economia. Poi c’è l’instabilità nel vicino Sahel, col terrorismo jihadista presente in piccoli ma combattivi nuclei all’interno delle proprie frontiere.

Nella giornata di ieri hanno avuto luogo le elezioni presidenziali in Mauritania, paese cerniera tra il Nord Africa e la regione saheliana.

Dai tempi dell’indipendenza, ottenuta dalla Francia nel 1960, la storia del Paese dell’Africa occidentale è stata periodicamente segnata da colpi di stato.

Incluso quello che aveva portato al potere l’attuale presidente Mohamed Ould Abdel Aziz, che in seguito aveva però accettato di dimettersi alla fine del suo secondo mandato.

Sei i candidati in lizza per la sua successione, tra di essi alla vigilia uno in particolare veniva dato come favorito, Mohamed Ahmed Ould Ghazouani, attuale ministro della difesa, personaggio ritenuto vicino al presidente uscente,

Gli altri aspiranti, tra i quali figura Biram Dah Abeid, l’attivista che si batte contro la schiavitù, temono che la commissione elettorale possa in qualche modo favorire il governo in carica. In ogni caso, qualora dalle urne non dovesse uscire un vincitore il prossimo 6 luglio, tra due settimane, si andrà al ballottaggio.

Sulla base dei dati diffusi dalla Commissione nazionale elettorale indipendente, nella giornata del voto è stata registrata un’affluenza del 62,79% degli aventi diritto, circa un milione e mezzo di cittadini, un incremento dei votanti rispetto alle elezioni del 2014, quando si registrò invece il 56,46 per cento.

Dagli scrutini delle schede – 90,88% delle schede scrutinate  per complessivi 3.509 seggi elettorali su 3.861 -, in vantaggio risulterebbe Ghazouani, esponente del partito di governo Unione per la Repubblica (Upr), che avrebbe ottenuto il 50,51%, un risultato che, se confermato, consentirebbe a Ghazouani di venire eletto al primo turno.

Egli distaccherebbe nettamente i suoi avversari, poiché dietro di lui con il 18,68% delle preferenze si pone Biram Dah Abeid, mentre l’ex premier del governo di transizione in carica dal 2005 al 2007 Sidi Mohamed Ould Boubacar ha ottenuto soltanto il 18,10% dei consensi.

Seguono infine gli altri candidati: Hamidou Baba, della coalizione Convivere, Hamidou Baba, con l’8,75%, il leader dell’opposizione islamista Mohamed Ould Mouloud con il 2,49% e Mohamed Lemine al-Mourtaji al-Wafi con lo 0,41% dei voti.

 

Economia. La fragile economia mauritana nel prossimo futuro potrebbe ricavare benefici dalla messa produzione del mega giacimento di gas offshore Greater Tortue, condiviso col Senegal e sviluppato dalle società del settore enrgetico Bp e Kosmos Energy.

Inoltre, il Paese potrebbe entrare a far parte della ristretta cerchia dei produttori di uranio, in quanto i primi test sui campioni di ossido di uranio estratti da una miniera nella regione settentrionale di Tiris Zemmour hanno detto esito positivo.

In ogni caso, chiunque verrà eletto alla presidenza dovrà affrontare il forte malcontento diffuso tra le giovani generazioni che si trovano ad avere scarse prospettive di condurre un’esistenza decente nel loro vasto e spopolato paese (gli abitanti della Mauritania sono infatti poco più di quattro milioni).

Un luogo in massima parte desertico (l’80%) dove meno dell’1% della terra è coltivabile, dove il fenomeno della corruzione raggiunge picchi elevati e le retribuzioni di chi ha un lavoro sono basse.

Un paese che si è distinto per essere stato l’ultimo al mondo a dichiarare illegale la schiavitù (lo ha fatto nel 1981), ma dove  ancora il 2% della popolazione vive ancora nella sostanziale condizione di schiavo.

Alla fine del 2018 nella graduatoria delle economie mondiali la Mauritania risultava essere al 155º posto, con un Pil stimato nell’anno precedente pari a 17,7 miliardi di euro, mentre le ultime stime del Fondo monetario internazionale attestavano la sua crescita a un tasso di crescita del 3,8 per cento.

Il sistema produttivo nazionale è relativamente fragile, poiché si basa sullo sfruttamento delle risorse naturali (minerarie e ittiche), che generano il 90% delle entrate fiscali, mentre bassa è l’industrializzazione.

La Mauritania è un Paese ricco di risorse minerarie, in particolare: minerali ferrosi, rame, cobalto, oro, fosfati, mentre le sue acque sono molto pescose, tanto che il settore ittico costituisce la seconda voce nelle esportazioni.

Il contributo del settore primario al prodotto interno ha subito un decremento di 27 punti nel corso degli ultimi cinquant’anni, a fronte di un traino della crescita che negli ultimi anni è stato reso possibile dal secondario, con circa il 28%, del quale il 15,5% per effetto dell’industria estrattiva.

I pochi stabilimenti industriali sono localizzati nelle città di Nouakchott e Nouadhibou, ma il settore non ha conosciuto uno sviluppo a causa di numerosi fattori di ostacolo.

Essi sono i limitati investimenti, la ristrettezza del mercato interno, la scarsità di manodopera qualificata, l’inadeguatezza delle infrastrutture, gli alti costi di produzione e la necessità per gli operatori economici stranieri di interfacciarsi a una referenti locali per avere accesso all’attività industriale nel Paese.

Il risultato di tutto ciò è stato quindi che le esportazioni riguardano di fatto due soli generi di prodotti, i minerali e la pesca, entrambi sul lato dei ricavi fortemente dipendenti dalle mutevoli condizioni dei mercati internazionali.

La siccità in aumento anche per effetto dei mutamenti climatici, la piaga delle invasioni d’insetti e le piogge torrenziali condizionano negativamente la produzione cerealicola, tuttavia, malgrado le enormi difficoltà la maggior parte della popolazione trae sostentamento dall’agricoltura e dall’allevamento.

Il settore terziario contribuisce invece per circa il 38%, di esso il 10,2% va ricondotto ai trasporti e alle telecomunicazioni, mentre il 7,6% al commercio.

L’iniziativa economica e gli affari vengono tuttora ostacolati dalla farraginosità della burocrazia e del citato diffuso fenomeno della corruzione. Il reddito pro-capite permane contenuto e il tasso di disoccupazione elevato.

Recentemente il governo di Nouakchott ha avviato alcuni programmi di ristrutturazione e modernizzazione del sistema del credito, con l’effetto di condurre a sufficiente capitalizzazione (a livello aggregato) del sistema bancario, questo sebbene numerosi istituti di dimensioni ridotte abbiano incontrato delle difficoltà.

Il sistema permane comunque vulnerabile, poiché strettamente influenzato dalle oscillazioni  dei prezzi delle materie prime sui mercati (soprattutto del ferro) nonché dal crescente deficit fiscale dello stato.

Negli scorsi anni il Paese ha affrontato diverse criticità, quali il crollo del prezzo del ferro. Tutti i settori che avevano beneficiato indirettamente del boom minerario, come i trasporti, le costruzioni e le telecomunicazioni, hanno evidenziato i segni del proprio rallentamento. Il deterioramento della bilancia commerciale ha poi costretto le autorità di Nouakchott a svalutare l’Ouguiya, la moneta nazionale, con un tasso d’inflazione che però permaneva a livelli contenuti (lo 0,5% nel 2015).

Essa ha seguito un corso moderato, passando dall’1,5% del 2016 al 2,3% del 2017, tuttavia sul Paese hanno inciso pressioni crescenti esercitate dall’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari.

Uno spiraglio di crescita si è avuto a partire dal 2017, quando l’economia ha conosciuto un progressivo miglioramento grazie all’incremento dei consumi privati e al buon andamento dei settori ittico, commerciale e manifatturiero, che alla fine di quell’anno hanno portato a una crescita del Pil pari al 3,5 per cento. Ma si è trattato di una ripresa fragile, che non ha comunque permesso l’affrancatura di buona parte della popolazione dalla condizione di povertà.

 

Gli scambi con l’Italia. Nei primi sette mesi del 2018 il Ministero degli Affari Esteri di Roma ha registrato una significativa flessione del volume dell’interscambio commerciale italo-mauritano per una quota pari al -55%, nel quadro del quale le esportazioni verso il Paese africano si sono ridotte del 3,8%, mentre le importazioni del 10,2 per cento.

La composizione degli scambi ha interessato prevalentemente i settori meccanico (macchinari, motori e generatori), mentre dal lato delle importazioni per lo più minerali ferrosi, prodotti ittici e petrolio, materia prima energetica di cui il Paese dell’Africa occidentale è produttore, seppure in minime quantità.

 

Situazione interna. Dopo aver ottenuto l’indipendenza dalla Francia nel 1960, la Mauritania ha sperimentato fasi alterne di democratizzazione e colpi di stato.

Fra i principali obiettivi del governo rientra il contrasto del terrorismo, attività che ha portato Nouakchott a instaurare rapporti di collaborazione con la comunità internazionale.

A seguito delle elezioni tenutesi nel giugno del 2014 era stato rieletto alla presidenza della repubblica Mohamed Ould Abdel Aziz, asceso al potere a Nouakchott nell’agosto del 2008 grazie a un colpo di stato incruento quando ricopriva la carica di capo di stato maggiore dell’esercito e comandante della guardia presidenziale.

Alcune importanti riforme costituzionali – che hanno visto la decisa contrarietà delle opposizioni – sono state poi introdotte nell’ordinamento mauritano per effetto di un referendum popolare indetto nell’agosto del 2017, in forza del quale è stato soppresso il senato, sono stati creati i consigli regionali e modificati i simboli nazionali.

L’Unione per la Repubblica, partito del Presidente Aziz, ha riportato una netta affermazione anche in occasione delle elezioni legislative, regionali e comunali svoltesi nel settembre del 2018.

Nonostante un quadro politico e sociale a tratti conflittuale e al netto delle attività repressive, il gruppo di potere che si raccoglie attorno al presidente uscente sembrerebbe esercitare (almeno per ora) un sostanziale controllo sulla vita del paese, aspetto che nel breve-medio periodo potrebbe garantire una relativa stabilità.

Permane il forte rischio di attività terroristiche, tenuto conto della situazione nei paesi limitrofi alla Mauritania. Al riguardo va rilevato che il quadro generale di sicurezza ha risentito negativamente della crescente instabilità in Maghreb e Sahel, in modo particolare a causa della crisi che interessa il Mali.

Nouakchott partecipa all’iniziativa di cooperazione regionale nota come G5 Sahel (il cui Segretariato permanente ha sede proprio nella capitale mauritana), che annovera anche Mali, Burkina Faso, Niger e Ciad,.

 

Relazioni internazionali. La Mauritania è aperta all’Occidente e ha rafforzati rapporti con l’Unione Europea. Fra i suoi principali partner figurano Francia, Spagna, Ue e Usa.

Essa mantiene rapporti con i Paesi arabi ed è membro dell’Unione per il Maghreb arabo (UMA, alla quale dal 1989 aderiscono anche Libia, Tunisia, Algeria e Marocco). Nouakchott ha inoltre sviluppato una presenza attiva nella regione sub-sahariana attraverso la valorizzazione della propria presenza in seno alle principali organizzazioni del Continente africano come l’Unione Africana e la Banca Africana per lo Sviluppo. Nel giugno 2017 la Mauritania ha rotto le relazioni diplomatiche con il Qatar, allineandosi sulle posizioni dell’Arabia Saudita.

Essa partecipa inoltre al dialogo euro-mediterraneo attraverso il Processo di Barcellona e il Dialogo cosiddetto «5+5».

I suoi principali fornitori esteri Mauritania sono Usa (per una quota pari al 13,4%), Emirati Arabi Uniti (11,9%), Belgio (9,2%), Cina (8,9%), Paesi Bassi (7,1%), Francia (6,6%) e Marocco (6,3%).

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