ECONOMIA, globalizzazione. Crisi e prospettive, presentato a Roma il XXIII Rapporto del Centro Einaudi: “Il mondo cambia pelle?”

2018 annus horribilis, le tendenze sono allarmanti e l’interrogativo è uno: il mondo cambia pelle o anche l’identità? Il mondo è pieno di fratture, mentre gli Usa sono quasi sani l’Europa invecchia sempre di più in un mondo sempre più nuovo. Il momento è maggiormente critico, poiché alle incertezze politiche corrisponde una flessione dell’economia reale. E intanto l’Africa esplode demograficamente

In giro c’è davvero qualcosa che non va, lo si comprende anche dal ritardo che portano i treni ad alta velocità tedeschi: mediamente di trenta minuti, un fatto inconcepibile in un paese come la Germania.

Quello che potrebbe apparire come un dettaglio marginale, anche un po’ spiritoso, rappresenta invece uno dei tanti segnali di cambiamento in negativo, di abbassamento della qualità della vita. Un campanello di allarme che suona, insomma.

Se ne parla ormai quotidianamente nelle analisi a volte allarmistiche e altre volte leggermente rassicuranti che la gente legge sui giornali o ascolta alla radio e alla televisione.

E, invero, a guardare bene le cifre complessive non ci sarebbe da stare allegri, poiché il mondo presenta tutta una serie di fratture più o meno traumatiche (dazi Usa, Brexit, eccetera) oltre a una diffusa incertezza di natura politica che si riflette inesorabilmente sull’economia reale provocandone una flessione.

Oggi si attraversa dunque un momento particolarmente critico. La guerra commerciale in atto tra gli Stati Uniti d’America e la Cina Popolare costituisce una minaccia all’economia globale, la bassa crescita economica mondiale non fa che accrescere i rischi al ribasso, mentre la classe media (tradizionale ed efficace “cuscinetto assorbente” delle tensioni e degli attriti sociali), colpita dalla crisi continua ad assottigliarsi ulteriormente accumulando rancori che altro non fanno che alimentare il clima di tensione.

La situazione è stata dettagliatamente trattata ieri nel corso della tradizionale presentazione del Rapporto sull’economia globale e l’Italia, il XXIII quest’anno, elaborato dal Centro di Ricerca e Documentazione Luigi Einaudi di Torino e sostenuto da UBI Banca.

Come sempre l’evento ha avuto luogo a Roma, presso la Residenza di Ripetta, è ha visto la partecipazione degli autori (i professori Mario Deaglio e Giuseppe Russo, in rappresentanza dell’intero team di ricercatori), di imprenditori e di banchieri.

“il mondo cambia pelle?” questo il titolo dato al volume che raccoglie la puntuale e dettagliata analisi sulle cause che influiscono sullo sviluppo e la crescita, un lavoro corredato da proiezioni economiche e demografiche.

Per tornare al quesito posto sulla copertina del Rapporto, la risposta è sì: il mondo sta cambiando la sua pelle e forse anche la sua identità. È dal mondo che si deve partire per affrontare successivamente il problema “Italia”, dall’inquadramento delle riflessioni un’ampia cornice globale.

Ad esempio da cosa sta succedendo oltre Atlantico, luogo della principale frattura del nostro tempo, in quell’America che cresce, ma malgrado le politiche protezionistiche del presidente Donald Trump, lo fa a tassi modesti (tra l’1% e il 2,5%, senza mai superare la soglia del 3%), un’economia basata sui servizi dove i profitti delle imprese sono stati inferiori alla media. Con le banche che sono divenute più solide grazie ai loro utili patrimoniali (a fronte tuttavia di imprese sempre più indebitate) e con la borsa in crescita, che però tiene conto degli utili lordi delle società, non di quelli netti, poiché soprattutto i primi contano per gli azionisti.

E l’Africa, che sta esplodendo dal punto di vista demografico anche a causa della propria economia frustrata dai conflitti e dal terrorismo. Un continente che fino a pochi anni fa pareva avviato a un processo di crescita a tassi di oltre il 5% e che se tornasse a quei livelli vedrebbe arrestarsi il flusso migratorio. Ma nel frattempo la guerriglia e il terrorismo jihadista dall’Asia centrale e dal Medio Oriente ha iniziato ad affliggere anche l’Africa abbattendone le potenzialità e rallentando così la crescita.

Si tratta di una vera e propria “bomba demografica” quella che sta deflagrando nel continente nero, ma la percezione che si ha del fenomeno migratorio locale è falsata, infatti la maggior parte dei flussi hanno luogo internamente (il 70%), mentre solo il rimanente 30% tenta di raggiungere il nord del mondo. E solitamente sono le persone meno istruite o, comunque, meno dotate di capacità da offrire nei grandi aggregati urbani africani dove si riversano invece gli altri.

Si stima che alla fine del secolo gli africani saranno quattro miliardi, mentre nel 2060 soltanto la popolazione della Nigeria supererà in numero quella dell’Europa, saranno circa 500 milioni i nigeriani, ma mediamente molto più giovani degli europei.

Ecco l’altro grande problema, l’Europa che invecchia. E dopo i quarant’anni di età di solito gli esseri umani perdono progressivamente gli stimoli e l’energia di programmare attivamente il loro futuro. Una società che invecchia e non riesce a fare investimenti adeguati.

In Italia nel 2019 sono stati registrati dodici milioni di ultrasessantenni. È la chiara fotografia dell’ampliamento del divario tra vecchi e giovani nel Paese. Oggi l’età media è di 49 anni, ma nel 2045 sarà di 53, senza contare l’esodo dei giovani che si trasferiscono all’estero in cerca di migliori opportunità per le loro esistenze.

Qui da noi il lavoro è precario, le carriere sono praticamente finite, quali aspettative potrebbe nutrire un giovane di fronte a dei progetti professionali sempre più corti? Essi sono il diretto effetto dell’incertezza, che porta al rapido sfarinamento del capitale umano, che viene sovente superato dal progresso scientifico e tecnologico già prima che la persona completi il suo ciclo di studi specialistici.

Oggi un mese di lavoro in Internet equivale a un anno di lavoro materiale e le nuove generazioni – non a torto – si sentono depredate del loro futuro e vengono quindi indotte a vivere alla giornata.

Questo senza contare che, spesso, è l’intelligenza artificiale a sostituire l’esperienza maturata dal lavoratore nel suo settore durante gli anni, infatti la macchina governata da un algoritmo mantiene eguale (se non lo accresce) il livello di produttività dell’uomo.

Tutto avviene nella perdurante incapacità del prodotto interno lordo di crescere oltre i livelli pre-crisi, con le evidenti ricadute negative sulla redistribuzione della ricchezza.

Tuttavia, come nel mito di Pandora, in fondo al vaso scoperchiato dal quale sono fuoriusciti i mostri il Rapporto del Centro Einaudi rinviene fortunatamente alcuni elementi di speranza. Le note positive provengono dalla «resilienza» delle famiglie (che continuano anche se a fatica a risparmiare), dagli interventi della Banca centrale europea (dove però a novembre scadrà il mandato del governatore Mario Draghi) e nell’adattamento alle nuove condizioni dei settori produttivi industriale e agricolo.

La registrazione audio integrale della presentazione del XXIII Rapporto sull’economia globale e l’Italia e del dibattito che ne è seguito è fruibile di seguito (file audio A149A e A149B).

 

 

A149AB – XXIII RAPPORTO SULL’ECONOMIA GLOBALE E L’ITALIA. Il mondo cambia pelle? Roma, Residenza di Ripetta, 5 giugno 2019. A cura di Mario Deaglio, evento organizzato da Guerini e Associati, UBI Banca, Centro di Ricerca e Documentazione Luigi Einaudi. Contributi di: Chiara Agostini, Giorgio Arfaras, Francesco Beraldi, Gabriele Guggiola, Paolo Migliavacca, Giuseppe Russo, Giorgio Vernoni.

Interventi di: ETTORE GRECO (Vicepresidente vicario dell’Istituto Affari Internazionali, indirizzo di saluto), MARIO DEAGLIO (professore emerito di Economia internazionale presso l’Università di Torino, coautore del Rapporto), GIUSEPPE RUSSO (economista professionista, Direttore del Centro Einaudi, coautore del Rapporto), OSVALDO DE PAOLINI (Vicedirettore del quotidiano “Il Messaggero”, moderatore), FABIO MASSIMO BOMBACCI (Presidente e Amministratore delegato di Elettra Investimenti Spa), IVANA CIABATTI (Ceo Italpreziosi Spa), ALFONSO MARRA (Ceo Klopman International Spa), VICTOR MASSIAH (Consigliere delegato di UBI Banca).

Un mondo in corso di mutazione, soprattutto l’Occidente al quale apparteniamo. Una frattura che corre lungo l’Atlantico: dalle elezioni in Europa alle sfide al commercio internazionale dell’America di Donald Trump; la difficile equazione tra lavoro e capitale a dieci anni dal crack Lehmann Brothers; Mosca al bivio tra Washington e un’Asia sempre più cinese. E l’Italia, alla ricerca di una via tra la fine delle ideologie e nuovi paradigmi di sostenibilità non solo ambientale, ma politica, finanziaria e sociale.

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