ECONOMIA, società. Sviluppo sostenibile, benessere: è possibile «andare oltre il pil»?

Globalizzazione e politiche liberiste hanno accentuato profondamente le disuguaglianze già esistenti. L’umanità sta scivolando su un piano molto inclinato e se ne è accorto anche l’establishment, che comincia ad avere paura, poiché i danni da mutamenti climatici potrebbero “far saltare” l’intero sistema finanziario. Esistono dei rimedi? Le possibili “strade giuste” da percorrere in direzione del bene comune analizzate in un convegno all’Istituto dell’Enciclopedia italiana

Le incognite del futuro non sono poche. L’ecosistema presenta all’umanità il conto di decenni di sfruttamento eccessivo. In numerosi paesi in via di sviluppo si registra una esplosione demografica con picchi estremi di sovrappopolazione, conflitti e carestie spingono poi masse di persone verso il nord del mondo, mentre le campagne si spopolano e ormai oltre la metà della popolazione del pianeta vive in grandi centri urbani che spesso si trasformano in megalopoli.

E c’è anche l’altra grande incognita del turbinoso progresso tecnologico, fattore che taluni cercano maldestramente di esorcizzare prospettando radiosi futuri nei quali la macchina sostituirà l’uomo, ma quest’ultimo non subirà gli effetti negativi di questo processo, poiché il benessere nel frattempo generato nel sistema lo ricollocherà in qualche maniera all’interno della società evitando di farne un povero emarginato.

L’attuale rapidità dei cambiamenti non rinviene paragoni rispetto al passato e le contraddizioni insite nel progresso tecnologico rischiano di esplodere fragorosamente conducendo allo schianto sociale, dato che i posti di lavoro andati persi non verranno reintegrati a sufficienza.

Globalizzazione e politiche liberiste hanno accentuato le disuguaglianze esistenti. Dai tempi di Reagan e della Thatcher la ricetta è più o meno la stessa: riduzione della pressione fiscale sui redditi più alti, tagli alla spesa pubblica, privatizzazioni, deregulation. I risultati sono davanti agli occhi di tutti: in Occidente l’ascensore sociale si è bloccato mentre nelle aree urbane, soprattutto quelle periferiche, si è abbassata la qualità della vita.

L’umanità sta scivolando su un piano molto inclinato. Se ne è accorto anche l’establishment, che in alcuni suoi settori comincia ad avere paura. È concreto infatti il rischio di transizione asimmetrica, laddove l’ambiente col suo carico di degrado corre più veloce del sociale verso il punto di non ritorno e i danni da mutamenti climatici potrebbero “far saltare” l’intero sistema finanziario.

È evidente che le risposte a tutte queste epocali problematiche andrebbero date con urgenza, poiché non è più possibile temporeggiare.

Ma come? E chi concretamente potrebbe essere in grado di fornirle?

Difficile dirlo. Ma intanto si assiste al fenomeno Greta Thunberg, la ragazzina simbolo che ha riavviato il cosiddetto «ciclo dei problemi», che con la sua protesta pacifica (amplificata a dismisura dai media) è riuscita a far divenire il problema ambientale da “scientifico” a “sociale”, in attesa che si trasformi poi anche in “politico” e che, quindi, la classe dirigente ci metta mano per tentare di risolverlo.

Verso la catastrofe dunque? Non è ancora detto, perché qualcuno sta esplorando alcune ipotesi alternative.

Se ne è discusso a Roma il 30 maggio scorso durante un convegno organizzato dall’Istituto dell’Enciclopedia italiana per presentare il volume “Strade giuste, economia e società nel segno del bene comune”, saggio edito dalla Fondazione Giangiacomo Feltrinelli. All’evento hanno preso parte Giuliano Amato, Marco Morganti, Leonardo Becchetti ed Enrico Giovannini.

Dalla discussione sono emerse diverse possibili alternative per la gestione della transizione, alcune ancora allo stato teorico, altre invece realizzate concretamente.

Nel primo caso va ricordato il concetto di superamento del pil (prodotto interno lordo) ai fini di una riclassificazione totale delle leggi di bilancio, operazione che dovrebbe condurre alla ridefinizione delle priorità sulla base di criteri di benessere. Come è stato fatto di recente in Nuova Zelanda, dove la premier in carica ha definito cinque priorità nella sua azione di governo: salute mentale, eliminazione della povertà minorile, eliminazione della discriminazione delle minoranze etniche, transizione al mondo digitale, transizione al mondo decarbonizzato e sostenibile.

Nel secondo caso, l’esempio di un capitalismo diverso, che tenda appunto verso uno sviluppo sostenibile e un’economia generativa, viene fornito da Banca Prossima, che ha improntato la sua attività all’inclusione mediante l’eliminazione del gap sociale e del divario ricco-povero.

Tuttavia, questo è possibile solo se verranno modificati il funzionamento del mercato e i comportamenti degli operatori che vi agiscono, riorientando le attività d’impresa verso interessi che non coincidono esclusivamente col profitto.

 

A145 – ECONOMIA E SOCIETÀ, SVILUPPO SOSTENIBILE: PER AVERE PIÙ BENESSERE È POSSIBILE ANDARE «OLTRE IL PIL»? Presentazione del volume “Strade giuste, economia e società nel segno del bene comune”, evento che ha avuto luogo il 30 maggio 2019 presso la sede dell’Istituto dell’Enciclopedia italiana fondata da Giovanni Treccani; interventi di:

GIULIANO AMATO (giudice della Corte Costituzionale della Repubblica Italiana), MARCO MORGANTI (amministratore delegato di Banca Prossima), LEONARDO BECCHETTI (ordinario di Economia Politica all’Università degli studi di Roma Tor Vergata), ENRICO GIOVANNINI (professore ordinario di Statistica economica all’Università di Roma Tor Vergata, membro Asvis).

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