ECONOMIA. La Cina dichiara guerra alla soia americana

La sanzione cinese si sta ripercuotendo sugli agricoltori americani che sono uno dei bacini elettorale fondamentali del presidente Trump

Da quando, lo scorso luglio, la Cina ha messo un dazio del 25% sulla soia proveniente dagli Stati Uniti, quest’ultimi si ritrovano con un terzo del raccolto di soia in surplus, l’equivalente di quello che veniva assorbito dal mercato cinese.
Per dimostrare buona volontà nelle trattative economiche, i cinesi avevano ripreso a comprare qualche carico di soia proveniente dagli Usa ma l’inasprimento dei rapporti, fa temere che Pechino possa cancellare o respingere gli ordini già effettuati e non ancora recapitati, per un totale di 7,4 milioni di tonnellate di soia.
L’allarme ha provocato il crollo delle quotazioni dei semi ai minimi da dieci anni e nonostante qualche timido rimbalzo, la soia è in ribasso di oltre il 20% rispetto a solo un anno fa.
Il problema da economico si fa immediatamente politico, poiché ha messo in fibrillazione gli agricoltori americani, uno dei segmenti elettorali più convinti e determinati nel votare Trump alle presidenziali del 2016.

IL PIANO DELLA CASA BIANCA PER IL SURPLUS

“Se la Cina continuerà a non comprare il nostro prodotto agricolo – ha detto un Trump insolitamente statalista – ci penserà il vostro Paese a colmare la differenza”.
Per andare incontro agli agricoltori americani, Trump ha ideato un piano: destinare 15 miliardi di dollari ai coltivatori per comprare le eccedenze e distribuirle ai Paesi poveri e affamati, come forma di assistenza umanitaria.
Un piano su cui il dipartimento dell’Agricoltura si è messo immediatamente al lavoro, anche se molti esperti lo giudicano velleitario o, addirittura, dannoso.
Velleitario, poiché la soia viene utilizzata prevalentemente nell’alimentazione degli animali da allevamento; dannoso, poiché la soia data in beneficenza potrebbe danneggiare i coltivatori dei Paesi ai quali è destinata.
Comunque venga definito e realizzato questo piano, ciò che è certo è che la guerra dei dazi non può liquidare le difficoltà dei coltivatori di soia alla stregua di un effetto collaterale. Un danno da “fuoco amico” che Trump non può assolutamente permettersi.

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