ECONOMIA, ambiente. Cassa Depositi e Prestiti ed efficienza energetica: verso una sinergia con GSE, ENEA e SNAM?

De-carbonizzazione, efficientamento energetico, energie alternative: alla ricerca di finanziamenti per progetti dalle ricadute positive in campo ambientale.

In una sala dell’Auditorium Via Veneto gremita principalmente da amministratori di comuni e regioni, ma anche di esponenti dell’industria green e del mondo economico, Cassa Depositi e Prestiti (Cdp), ha illustrato la sua visione strategica futura in tema di transizione energetica.

“Efficienza energetica, un obiettivo in comune”, questo il titolo dato al convegno che ha avuto luogo a Roma nella mattinata di ieri, del quale potrete ascoltare la registrazione integrale in questo sito.

Come rinvenire, oggi, degli strumenti di supporto all’efficientamento energetico? Come intercettare dei meccanismi di finanziamento?

La prima cosa che va detta è che, almeno stavolta, non si e sentito fare riferimento alla Cdp come al “bancomat” da dove prelevare stanziamenti da destinare alla copertura delle spese, di quelle più varie e fantasiose immaginabili. Una costante in questi ultimi tempi, che fortunatamente, almeno nelle intenzioni dichiarate e nei progetti illustrati non è stata riproposta.

Già, perché la Cdp non è il “pozzo di San Patrizio” dove pensare di poter attingere denaro ogniqualvolta il governo o il legislatore si trovano di fronte a problemi di copertura finanziaria. La sua funzione, infatti, è quella di raccogliere il risparmio dei depositanti presso gli sportelli delle Poste italiane – quindi circa 300 miliardi di euro provenienti dai titolari di libretti di risparmio o da altri soggetti – per poi finanziare investimenti (una volta con l’obbligo di accendere mutui agli enti locali territoriali che, successivamente, li impiegavano nella realizzazione di opere pubbliche).

Oggi la nuova Cdp, che con l’ingresso delle fondazioni è sostanzialmente uscita dal perimetro pubblico – quindi, almeno formalmente, ha assunto le forme di una banca d’investimento che opera in regime privatistico – e, di risulta, si può dotare  di un piano industriale che segua le linee guida di una propria strategia di investimento sul medio-lungo termine. Tuttavia, essa deve poggiare sui cardini portanti della crescita e della realizzazione di infrastrutture a beneficio del Paese e non divenire (come non pochi decisori politici nel recente passato hanno pensato, magari privatizzando aziende pubbliche facendole poi acquistare coi soldi della Cdp) quello che fu l’Iri nell’ultima fase della sua storia, quando, negli anni Sessanta e Settanta, si fece carico di ogni impresa industriale “decotta” mettendoci dentro il denaro dei contribuenti.

Oggi essa riveste non soltanto un ruolo di investitore, ma anche di «promotore», aggregando investitori privati, non solo italiani, attorno a un valido progetto di rilancio di quei settori produttivi inclusi nel suo piano industriale. Essa, comunque, continua a detenere notevoli pacchetti azionari di imprese già pubbliche oggi quotate in borsa (Eni, Telecom, eccetera), un piccolo impero dunque, poiché seppure non ne possegga i pacchetti di maggioranza, i suoi titoli azionari hanno un “peso” specifico diverso, in quanto strategicamente importanti.

Torniamo ai lavori di ieri. Mantenendo il focus sui possibili investimenti in una fase economica a dir poco delicata, sono stati affrontati gli argomenti dell’intervento e della partecipazione della pubblica amministrazione (nelle sue varie articolazioni) nel miglioramento delle strutture esistenti e nell’introduzione di nuovi strumenti adatti allo scopo accanto a quelli attualmente esistenti dimostratisi utili.

Ecobonus (efficientamento energetico) e sismabonus (efficientamento sismico), entrambi da rendere maggiormente funzionali, e poi i  “certificati bianchi” e il “conto termico”, che – si è affermato – va rivisto e semplificato, poiché la sua applicazione si sarebbe rivelata decisamente farraginosa (malgrado l’anno scorso vi abbiano fatto ricorso 1.500 comuni e province, con 800 interventi nelle scuole). Tutti analizzati alla luce delle (attese) prossime opportunità che dovrebbero venire offerte dal cosiddetto «decreto crescita», che dovrebbe stanziare complessivamente 500 milioni di euro. Nello schema di bozza presentato, nel corso del 2019 questa somma verrebbe destinata a comuni, città metropolitane e regioni, che dovranno impiegarla per l’efficientamento energetico e lo sviluppo sostenibile del territorio.

Tre i pilastri concepiti alla base dell’operazione: l’efficientamento energetico, appunto (riduzione dei consumi e dell’impatto ambientale, sicurezza energetica e della dipendenza energetica), sviluppo delle fonti rinnovabili e sviluppo della mobilità sostenibile.

Si prevede che nella fase della sua conversione in legge venga introdotta una norma che preveda specificamente degli interventi di riqualificazione energetica degli edifici scolastici.

Secondo Roberto Moneta, amministratore delegato di GSE, «è necessario rinvenire strumenti di finanziamento che possano “fluidificare” tutta la materia, questo perché – ha aggiunto – non si torna indietro, si va avanti, in quanto è una sfida per il Paese».

Con un occhio ai fondi strutturali europei, Moneta ha poi affermato che GSE fornisce il supporto alle imprese e alla pubblica amministrazione, strumenti di incentivazione e non soltanto mera erogazione di finanziamenti.

A questo punto il discorso è finito sul fotovoltaico, con Federico Testa (presidente ENEA) che ha stigmatizzato decisamente il comportamento passato di quella «finanza che ha fatto muro perché drogata dagli incentivi che gli rendevano il 16% nei profitti». Sempre secondo Testa, allora il rifiuto dell’efficientamento energetico «venne snobbato in quanto non conveniente in termini di profitto».

Ma come e dove intervenire? Intanto, oggi meccanismi come l’ecobonus sono divenuti un modello di business anche per quegli operatori privati che prima non ritenevano redditizio un loro impegno nel settore.

Inoltre, dal 2018 hanno accesso all’ecobonus anche tutti quegli enti che hanno in patrimonio e in gestione (a volte per il tramite di terzi) gli immobili di edilizia residenziale pubblica (Ater, comuni, le “case popolari” insomma). Si tratta di una grande fetta del patrimonio immobiliare pubblico che, in buona parte dei casi, necessita di interventi di ristrutturazione, spesso urgenti. Un intervento, ad esempio, su centrali termiche e “cappotto termico” si configurerebbe allo stesso tempo sui piani sia ambientale che sociale, poiché contribuirebbe alla riqualificazione delle periferie urbane incrementando anche i valori di mercato degli stabili che in precedenza si erano abbattuti.

Secondo Christian Acquistapace (Snam) va affrontato il tema della «povertà energetica», soprattutto nei network urbani (più o meno ampi) mediante interventi sia sul patrimonio immobiliare pubblico che su quello privato, anche ricorrendo a forme di partenariato. Obiettivo la riduzione delle emissioni inquinanti, della spesa energetica, dell’impatto ambientale. «La rigenerazione urbana – ha proseguito – si persegue mediante la riqualificazione energetica, quella urbana e la resilienza delle città».

Nel frattempo, però, tutti si sono visti concordi sulla necessità per la pubblica amministrazione di recuperare il deficit di conoscenza essenziale a questo genere di indirizzi. Non sono sufficienti i corsi di formazione ai quali partecipano i dipendenti pubblici, poiché andrebbe costituita una rete decentrata di uffici articolata su ENEA, GSE e CDP. Uno sforzo sinergico su base territoriale che sia in grado di fare “sportello” a beneficio degli amministratori pubblici che si approcciano a operazioni di investimento e riqualificazione come quelle descritte.

Un’attività, però, che non potrà prescindere dal coinvolgimento della CONSIP, che – secondo Federico Testa – dovrà prevedere «bandi per la pubblica amministrazione “più intelligenti”, gare con impegni di risultato e verifiche inserite nei contratti».

Il convegno si è quindi concluso tra i sorrisi dopo alcuni interventi di amministratori di comuni che hanno esposto i loro desiderata parlando al microfono portogli dalle eleganti hostess in abito color antracite.

I due esponenti politici intervenuti, Gianni Girotto (senatore del Movimento 5 stelle, presidente della Commissione Industria) e Paolo Arrigoni (senatore della Lega membro della Commissione Territorio e ambiente) nel frattempo avevano già lasciato la sala. Durante tutta la durata dei lavori erano rimasti seduti distanti, separati dagli altri panelisti, senza mai parlarsi. Il segno dei tempi per questa coalizione di governo?

 

A122 – ECONOMIA, AMBIENTE: EFFICIENZA ENERGETICA, Cassa Depositi e Prestiti: verso una sinergia con GSE, ENEA e SNAM? Come rinvenire oggi gli strumenti di supporto all’efficientamento energetico? Come intercettare i meccanismi di finanziamento? De-carbonizzazione, efficientamento energetico, energie alternative: alla ricerca di finanziamenti per progetti dalle ricadute positive in campo ambientale. “Efficienza energetica, un obiettivo in comune”, convegno organizzato da Cassa Depositi e Prestiti che ha avuto luogo presso l’Auditorium Via Veneto di Roma il 16 aprile 2019.

Interventi di: LUCA D’AGNESE (direttore CDP Infrastrutture, pubblica amministrazione e territorio), STEFANO BESSEGHINI (presidente di ARERA), GIANNI GIROTTO (senatore, presidente della Commissione Industria), PAOLO ARRIGONI (senatore, membro della Commissione Territorio e Ambiente), ROBERTO MONETA (amministratore delegato di GSE), CHRISTIAN ACQUISTAPACE (senior vice president Energy Efficiency Business Development SNAM).

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