AFRICA, Isole Comore. Tensioni e scontri a fuoco nella capitale tra oppositori del presidente Assoumani e polizia.

Quattro persone morte e decine di feriti sono il bilancio dello scontro a fuoco avvenuti nella giornata di ieri nei pressi della base militare di Kandani, a Moroni, la capitale dell’arcipelago delle Comore, popolato da circa 850.000 abitanti. Gli incidenti sono esplosi in seguito all’arresto da parte della polizia di un candidato dell’opposizione al presidente. Nel tardo pomeriggio fonti governative hanno annunciato che la situazione era stata riportata sotto il controllo delle autorità.

 

Il copione è sempre lo stesso, cioè quello dell’eterna permanenza al potere della massima carica dello stato. Nell’arcipelago dell’Oceano Indiano Azali Assoumani è alla presidenza da venti anni, da quando assunse il potere sulle baionette in forza di un colpo di stato. Egli avrebbe dovuto passare la mano già nel 2021, ma alle elezioni anticipate che hanno avuto luogo il 24 marzo è stato però dichiarato per l’ennesima volta vincitore con il 60,77% dei consensi. Tuttavia, gli osservatori appartenenti alle missioni di monitoraggio africane hanno rilevato la mancanza di trasparenza e di credibilità durante le consultazioni elettorali, allineandosi in questo modo alla posizione dell’opposizione, che quelle elezioni duramente contesta.

 

La Commissione elettorale nazionale lo ha dichiarato vincitore delle elezioni con il 60,77 per cento dei voti, contro il 14,62 per cento del secondo classificato, Ahamada Mahamoudou. Assoumani, ex ufficiale dell’esercito, aveva conquistato il potere con un colpo di stato nel 1999, assicurandosi la permanenza alla massima carica dello stato attraverso le elezioni del 2002 e del 2016. Se più osservatori dell’Unione africana, del Mercato comune dell’Africa orientale e meridionale (Comesa) e delle Forze di attesa dell’Africa orientale hanno dichiarato di aver rilevato numerose irregolarità nel corso della consultazione elettorale che ha avuto luogo domenica scorsa, il capo dello stato formalmente in carica ha invece respinto ogni accusa invitando i detrattori a presentare ricorso «con mezzi legali».

 

Le accuse di irregolarità sono state fermamente respinte dal ministro dell’interno, Mohamed Daodou. Circa 300.000 elettori erano stati chiamati alle urne e l’affluenza, secondo le autorità, avrebbe raggiunto il 40% degli aventi diritto. Lo scorso 8 marzo, Assoumani aveva dichiarato di essere sopravvissuto a un attentato tesogli mentre era in viaggio per Sima, sull’isola di Anjouan. Nello scorso mese di agosto il presidente aveva nominato un nuovo esecutivo, una decisione assunta a un mese dalla vittoria ottenuta nel controverso referendum costituzionale nel quale il 92,34% dei comoriani si era espresso in favore di un’estensione del mandato presidenziale e per la modifica del sistema di rotazione dei candidati alla presidenza fra le tre isole principali dell’arcipelago, Anjouan, Grande Comore e Moheli. In precedenza la Costituzione prevedeva invece che l’incarico di presidente potesse essere ricoperto a rotazione da candidati appartenenti alle tre isole, questo per assicurare la stabilità e una condivisione del potere.

 

Allo scopo di rimuovere l’ex ufficiale dell’esercito dalla presidenza, i dodici candidati dell’opposizione hanno dichiarato di non riconoscere la validità dei risultati delle urne e di aver istituito il “Consiglio nazionale di transizione”, presieduto dall’ex capo di stato maggiore delle forze armate Mohamed Soilihi. «La missione del Consiglio nazionale di transizione è quella di risolvere la crisi post-elettorale, assicurando la transizione pacifica, preservando la pace, la stabilità e la coesione nazionale nel Paese”, ha affermato lo stesso Soilihi nel corso di una dichiarazione trasmessa da alcune emittenti radiofoniche private e sul web. L’opposizione unitaria ha inoltre resa nota la scadenza stabilita nella quale l’elezione di Assoumani perderà formalmente la sua validità, il prossimo 3 aprile. Si tratta di una data limite dopo di che – a partire dal giorno successivo – l’opposizione attuerà forme di disobbedienza civile e uno sciopero generale. Si concede dunque un, sia pur ristretto, margine di tempo ad Assoumani allo scopo di permettergli un’uscita il più possibile indolore.

 

Dopo aver rilasciato la dichiarazione Soilihi è stato arrestato e la polizia ha preso in custodia anche una dozzina di donne che avevano inscenato una protesta contro il presidente. Questo, ovviamente, ha alimentato il già elevato stato di tensione che pervade il Paese. Infatti, la base militare di Kandani poco dopo è stata attaccata da un gruppo di uomini armati.

 

La lotta per il potere nell’arcipelago vede contrapposte la fazione del presidente e l’aggregazione che fa riferimento al maggiore Faissoil Abdoussalam, attualmente detenuto a seguito di una condanna penale per un tentativo colpo di stato, ma considerato prigioniero politico da buona parte dell’opposizione. Nella stessa giornata di ieri, un gruppo di essi ha tentato di liberare lo stesso dal carcere della capitale. L’ufficiale, ritenuto la mente del colpo di mano di ieri, sarebbe anch’egli perito nello scontro armato.

 

A causa delle violente recrudescenze, il personale dell’ambasciata statunitense presso lo Stato delle Comore (e del Madagascar) ha ricevuto dal Dipartimento di Stato l’ordine di evacuazione dal paese.

 

Dal 1975, anno in cui ottennero l’indipendenza dalla Francia, le Isole Comore hanno subito oltre venti colpi di stato. Al riguardo è utile ricordare la controversa figura di Bob Denard, mercenario francese che delle Comore fu – anch’egli grazie a un colpo di stato militare – per un breve periodo presidente.

 

Gilbert Bourgeaud, più noto con lo pseudonimo di Bob Denard o «Boku» (il saggio), secondo l’appellativo conferitogli dagli abitanti delle Comore (e dopo la sua conversione all’islam anche come Said Mustapha M’hadjou). Venne ingaggiato nella primavera del 1978 per deporre il presidente Alì Soilih, sostituendolo con Ahmed Abdallah Mohamed Sambi. Fu lui in quell’occasione a comandare il reparto di mercenari bianchi ai suoi ordini nel corso della cosiddetta “Operazione Atlantide”.

 

In seguito egli istituì la Guardia presidenziale comorense, un’efficiente unità guidata da ufficiali europei che, oltre a garantire la sicurezza del presidente, si occupò anche della realizzazione delle infrastrutture fondamentali al Paese e dello sviluppo turistico delle isole. Venne soprannominato dagli isolani “Baku”, ossia “Il Saggio”. Terminata l’era della guerra fredda l’utilità di Denard in funzione anticomunista nel piccolo arcipelago africano venne meno e, nel 1989, settori dell’esercito comoriano deposero e assassinarono il presidente in carica facendo ricadere le responsabilità dell’atto su Denard. Questi, nel dicembre dello stesso anno riuscì a fuggire insieme ai suoi affreux in Kenya. Alla fine degli anni Ottanta, il capo mercenario subì una serie di inchieste giudiziarie nelle quali lo si accusava dell’omicidio di Abdallah, ma venne scagionato grazie alla testimonianza degli stessi figli dell’ex presidente. Nel 1992, a seguito del fallito tentativo esperito dai figli di Abdallah di tornare al potere, e la loro conseguente cattura, Denard intervenne telefonando al responsabile delle forze armate Azalì, minacciandolo nel caso i prigionieri non fossero stati rilasciati. Non ottenendo alcun risultato, a sessantasei anni di età, l’anno dopo organizzò un nuovo sbarco alle Comore: riuscì a liberare gli ostaggi ma finì egli stesso nel carcere della Santé per dieci mesi.

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