CINA POPOLARE, economia. Prospettive e incognite discusse all’Assemblea nazionale del popolo

Pechino, 5 marzo 2019 – Avviati i lavori dell’organo legislativo della Repubblica popolare cinese, articolato sulla Conferenza politica consultiva del popolo e sull’Assemblea nazionale del popolo. La prima con un ruolo eminentemente consultivo, la seconda con poteri di ratifica di quanto deliberato precedentemente dal Consiglio di Stato, sostanziale emanazione del Partito comunista cinese. Nel loro ambito vengono solitamente indicate le tendenze e gli obiettivi politici ed economici per l’anno corrente e, di risulta, vengono decise le eventuali revisioni di bilancio e vagliati i documenti previsionali.  

Lo scorso anno l’Assemblea nazionale del popolo ha approvato un’importante riforma costituzionale che ha eliminato il limite del secondo mandato alla carica di segretario generale, avviando al contempo la Commissione nazionale di supervisione. Quest’anno la problematica più urgente che i delegati dovranno affrontare sarà quella relativa ai turbolenti rapporti con gli Usa, recentemente turbati dalla decisione dell’amministrazione presieduta da Donald Trump di introdurre una serie di dazi commerciali sui prodotti di importazione dall’Asia. Al riguardo, a breve si attenderebbe la stipulazione di un accordo tra Washington e Pechino in materia commerciale.

Sul tappeto anche i temi legati allo sviluppo tecnologico, elemento fondamentale nell’ascesa al ruolo di superpotenza mondiale egemone di un paese che negli ultimi pochi decenni ha saputo compiere passi da gigante affrancandosi dalla propria condizione di arretratezza. 5G, industria aerospaziale, intelligenza artificiale: la ricerca della leadership mondiale nel campo della tecnologia per i cinesi è ormai un dato di fatto.

Il primo ministro, secondo elemento di vertice nella nomenklatura comunista di Pechino, ha ufficialmente aperto i lavori dell’Assemblea nazionale parlando ai delegati convenuti nella Sala del Popolo del grande palazzo affacciato su piazza Tien an Men. Secondo
Li Keqiang la Cina è pronta ad affrontare il futuro, sebbene questo presenti numerose incognite.

Gli obiettivi di crescita del prodotto interno per il 2019, fissati in una forbice aperta tra il 6% e il 6,5%, risultano più bassi rispetto all’anno precedente, una ridotta flessione motivata dalla intenzione degli economisti di Pechino di perseguire forme di crescita maggiormente sostenibili sul lungo periodo. Ingenti gli stanziamenti alla voce “difesa”, anche se minori rispetto al 2018. Le spese militari, infatti, passano dall’8,1% al 7,5%, ma in ogni caso deve essere tenuta in debito conto la differente crescita del Pil nei due anni di riferimento.

Attesa la promulgazione di un provvedimento legislativo regolamentatore degli investimenti esteri, che dovrebbe trovare approvazione alla metà del mese di marzo. Novità inoltre in campo fiscale e degli investimenti pubblici: previsti il taglio di circa 300 miliardi di dollari di tasse e il varo di nuovi programmi di realizzazione di opere infrastrutturali finanziati dallo Stato, interventi localizzati principalmente nelle aree urbane che dovrebbero generare un sensibile incremento dell’occupazione. L’organo legislativo dello Stato comunista si occuperà anche del sistema creditizio del Paese, mettendo le banche pubbliche nelle condizioni di erogare un 30% in più di prestiti al settore imprenditoriale privato.

Nel frattempo prosegue la cosiddetta «diplomazia degli ostaggi» tra Pechino e alcuni Paesi occidentali, in particolare il Canada. In risposta al fermo di Meng Wanzhou (responsabile finanziaria della Huawei nel  Paese nordamericano) operato dalle autorità di Ottawa, e in attesa della sua estradizione negli Usa, Pechino ha formalizzato le accuse di spionaggio nei confronti dei due cittadini canadesi arrestati in Cina, l’ex diplomatico (che attualmente collabora con l’International Crisis Group) Michael Kovrig e l’uomo d’affari Michael Spavor. Essi – nell’eventualità che la crisi nei rapporti non trovi una soluzione – dovranno rispondere di spionaggio e furto di segreti nazionali posto in essere mediante l’ausilio di agenti stranieri. Intanto il colosso tecnologico cinese Huawei ha intentato una causa giudiziaria allo Stato canadese per il trattamento subito dalla sua top manager detenuta.

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