AFRICA, BOTSWANA, deriva autoritaria. Secondo il SIPRI i segnali sarebbero preoccupanti

A lungo considerato tra i Paesi africani con una buona governance e una amministrazione trasparente, sorprendono quindi i risultati dell’analisi paese pubblicati dall’istituto internazionale con sede a Stoccolma. Negli ultimi anni risulta sempre più difficile ottenere le relazioni di bilancio, in particolare quelle relative alle spese militari.

Le forniture di sistemi d’arma commissionate dal governo di Gaborone provengono dai paesi dell’Africa australe, al riguardo il parlamento locale ha presentato diverse interrogazioni all’esecutivo attualmente in carica per ricevere dettagli sugli acquisti di armamenti, impennatisi sensibilmente nel periodo 2014-2017. I timori ingeneratisi sono quelli che il Botswana possa intraprendere una deriva autoritaria, un virus che inizia a manifestarsi, ad esempio, mediante la repressione della stampa libera, poiché sono sempre più frequenti i casi di vessazioni nei confronti dei giornalisti, molti dei quali sono stati costretti a cercare asilo all’estero.

La causa di questa stretta liberticida va rinvenuta nella intenzione del presidente Serêtsê Ian Khama, di reprimere il dissenso. Egli è accusato dall’opposizione di abusare del proprio potere. Il rapporto del SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute) ha sottolineato anche lo scarso impegno profuso dalle autorità locali nella trasparenza dei propri atti.

Ma chi è Serêtsê Ian Khama? Per comprendere meglio la sua figura è necessario ripercorrere la storia recente degli apparati militari e di intelligence del Paese africano. Egli, già comandante in capo delle forze armate, divenne in seguito presidente della repubblica. Khama dismise l’uniforme militare per fare ingresso in politica nel 1998, anno in cui consolidò la solida cordata con i suoi più stretti collaboratori, appunto Isaac Kgosi e Peter Magosi, i quali a quel tempo erano ancora suoi subordinati nell’esercito. Il primo divenne il suo segretario particolare, mentre Magosi restò in servizio nella prospettiva di essere nominato a capo della nascente unità di intelligence militare, il DISS. Sotto la sua direzione il servizio segreto divenne oggetto di una serie di accuse in ordine a violazione di diritti e violenze, tutti atti attribuiti ai suoi agenti. Una cattiva fama che accompagna il DISS, che ancora oggi vede Magosi al suo vertice. Peter Fana Magosi iniziò la sua carriera militare come membro delle forze speciali. Egli, infatti, prima di transitare negli organici del servizio segreto era in forza presso un’unità di élite dell’esercito. I suoi detrattori lo accusano di essersi macchiato di gravi crimini nel corso della sua attività nell’intelligence.

In particolare gli viene ascritta la responsabilità – in complicità con altri elementi del DISS suoi sodali – dell’assassinio di un presunto malvivente resosi latitante, ma successivamente rintracciato dalle forze di sicurezza. Il trentatreenne John Kalafatis, cittadino del Botswana accusato di aver commesso una rapina a mano armata, venne ucciso a sangue freddo dagli uomini di Magosi in un’azione che non pochi definiscono come una esecuzione in piena regola.

Per questa oscura vicenda il capo del DISS non è stato mai indagato e, dal canto suo, il presidente Khama ha poi graziato con un proprio atto formale. Dal 1º aprile 2018 Khama è stato sostituito nella carica da Mokgweetsi Masisi

Condividi: