ALBANIA, contrasto della criminalità. Legislazione speciale, introduzione dell’articolo 13/1: luci e ombre del «41 bis» albanese.

Nel quadro della recente profonda riforma della giustizia realizzata recentemente in Albania – che ha interessato l’intero impianto del Paese delle aquile, dalla carta costituzionale alle fonti ordinarie di rango minore – i legislatori hanno introdotto nell’ordinamento un provvedimento speciale riguardante il regime carcerario negli stabilimenti giudiziari e penali di massima sicurezza.

Approvato dal parlamento di Tirana alla fine del mese di dicembre scorso, il nuovo provvedimento (che nel frattempo ha subito una condanna in sede europea) è attualmente oggetto di accese polemiche Si tratta di un regime trattamentale speciale del quale viene prevista l’applicazione nei casi di reati commessi nel quadro di sodalizi criminali organizzati, bande armate e gruppi terroristici, oltreché a chi è implicato in reati attinenti al terrorismo.

Esso non è ancora materialmente in vigore poiché manca una normazione complementare che ne precisi i dettagli. La decisione viene assunta sulla base di un decreto emesso dal ministro della Giustizia dietro richiesta presentata dal procuratore capo, che è al vertice della procura speciale. La riforma ha introdotto due nuovi organi nell’ordinamento giudiziario albanese, la procura speciale per i reati di corruzione e il tribunale competente in materia di criminalità organizzata. Se le restrizioni del detenuto sono simili nei due Paesi, a differenza del regime attualmente in vigore in Italia, il noto 41 bis, l’articolo 13/1 albanese presenta invece alcune rilevanti differenze. In Albania il detenuto in isolamento speciale ha la facoltà di incontrare un familiare soltanto una volta al mese, quelli che, al contrario, non ricevono visite in carcere hanno però diritto all’effettuazione di una telefonata al mese della durata massima di dieci minuti e il colloquio viene registrato dal personale della sicurezza. Inoltre, è prevista la lettura della corrispondenza privata del detenuto.

In Italia, poi, il regime di carcere duro che prevede lo stretto isolamento del detenuto condannato per mafia o terrorismo si applica la prima volta per quattro anni, successivamente prorogabili a seconda dei casi, mentre in Albania la durata prevista è di un anno, tuttavia, su richiesta inoltrata dal detenuto al ministro di Giustizia, sentito il procuratore capo, può riesaminare il singolo caso rilevando la sussistenza o meno delle condizioni che avevano determinato il ricorso al regime speciale e, di risulta, sospenderlo.

Un’altra differenza è quella relativa alla “premialità” della sospensione, infatti in Italia se il detenuto collabora con la Giustizia ottiene conseguentemente dei benefici, mentre in Albania non è previsto che i collaboratori di giustizia escano dal regime detentivo speciale. In merito, comunque, si attende la produzione di una legislazione complementare di dettaglio che contempli anche queste particolari fattispecie.

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